(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]

      Il 24, il Duce è di nuovo nel Veneto. È la volta di Padova; più di 300.000 persone lo attendono: schieramento superbo di popolo, uomini, donne, di tutti i ceti, di tutte le età. E al popolo di Padova il Duce così parla:

      Camerati!
      A Gorizia io dissi che, pur essendovi una schiarita all'orizzonte, ogni ottimismo per quanto concerne la situazione europea doveva essere considerato prematuro.
      A Treviso annunciai che il Primo Ministro britannico stava pilotando la navicella della pace verso il porto, ma non dissi che vi sarebbe arrivato.
      Oggi aggiungo che la situazione ha gli aspetti di questa giornata: stamattina era molto grigia, fra poco potrebbe spuntare il sole.
      Pareva che con l'accettazione da parte di Praga del piano cosiddetto franco-inglese di Londra, si potesse considerare avviata la situazione all'epilogo.
      Ma è accaduto quello che accade sovente nei regimi cosiddetti democratici. Il Governo che, avendo accettato quel piano aveva l'obbligo morale di restare in carica per farlo applicare, si è viceversa dimesso; il suo posto è stato occupato da un generale che tutti dichiarano molto, troppo amico di Mosca.
      Il primo atto di questo nuovo Governo è stata la proclamazione della mobilitazione generale. (La folla grida: «Me ne frego!»). Davanti a questo fatto che si aggiunge al regime di terrore che i cechi hanno instaurato nei territori dei sudeti, la Germania ha dato una prova suprema di moderazione; (la folla grida: «Hitler, Hitler»), ha mandato delle richieste a Praga ed ha dato tempo sino al primo ottobre per avere risposta.
      Ci sono, dunque, esattamente sei giorni di tempo (la folla grida: «Troppi!») perché i governanti di Praga ritrovino la via della saggezza. Perché sarebbe veramente assurdo, e aggiungo criminale, che milioni di europei dovessero scagliarsi gli uni contro gli altri semplicemente per mantenere la signoria del signor Benes su otto razze diverse.

(segue...)