(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]
Ma i cannoni stessi, per quanto
costruiti di tempratissimo acciaio, sarebbero una materia inerte se
dietro non ci fossero uomini dello stesso metallo. Questi uomini ci
sono. Dalle Alpi alle isole, fino ai limiti del deserto.
Intanto, per il
folle ordine della mobilitazione cecoslovacca, cui seguono altri
richiami in Francia, la situazione europea sembra precipitare: la
psicosi di guerra ha preso, ormai, anche nazioni e governi
tradizionalmente neutrali. L'Italia sola continua a conservare la
calma. A Londra, i Consigli dei Ministri si succedono; gli uomini di
stato francesi partono per la capitale inglese. Hitler esige che per
il 1° ottobre le truppe ceche abbiano a sgomberare il territorio
sudetico: la richiesta ha il valore di ultimatum. La guerra appare
ormai inevitabile. Il Duce, il 25, è a Vicenza. E il suo
discorso è un nuovo monito all'Europa. Eccolo:
Camicie Nere!
Se i miei fossero discorsi nel
significato tradizionale della parola, io mi guarderei
dall'aggiungerne un altro alla serie, in questa vostra città
splendente nei campi dell'arte e in quelli dell'eroismo.
Ma i miei, almeno dal punto di
vista della loro brevità, non sono discorsi, sono piuttosto
prese di contatto immediato coll'anima del popolo.
Si può dire che è
cominciata da ieri quella che si potrebbe chiamare la settimana di
attesa e di passione dell'Europa.
È universalmente
riconosciuto oramai che nei trattati di pace del 1919 furono commessi
degli errori. Io l'ho riconosciuto fin dal 1921. Vi prego tuttavia di
non attribuirmi delle qualità profetiche, perché i
profeti non appartengono alla nostra razza.
Era facile fin da allora prevedere
quello che sta accadendo in questi giorni. Ora, dinanzi ad un errore,
che cosa si deve fare? Ripararlo. Perché, secondo la nostra
sapienza antica, errare è umano, ma perseverare nell'errore è
diabolico.
(segue...)
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