(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]
Ora non solo non si vuol riparare
quell'errore che si commise gonfiando smisuratamente la
Cecoslovacchia, ma si vuol mantenere quest'errore. E per questo i
popoli d'Europa dovrebbero precipitarsi gli uni contro gli altri.
Ora, fino a prova contraria, io
non credo che si possa verificare questo che sarebbe uno dei più
tragici paradossi della storia umana. (Grida di: «Duce!,
Duce!»).
Tuttavia gli uomini coscienti
della loro responsabilità non possono respingere nemmeno
quelle che potrebbero apparire le ipotesi più assurde. Fino ad
oggi l'Italia non ha preso alcuna misura di carattere militare, ma se
gli altri continuano a richiamare dei riservisti, ad ammassarli alle
frontiere, se ci sono dei concentramenti di flotte, nessuno di voi, è
chiaro, si stupirà se anche l'Italia prenderà le sue
misure.
Il mondo ha già avuto la
prova della nostra risoluzione e della nostra volontà. Noi ci
siamo conquistati l'Impero non solo lottando contro gli eserciti
abissini preparati e guidati dagli Europei, ma resistendo all'assedio
economico che era stato decretato da 52 Stati.
Più si ammucchiavano le
carte sui tavoli di Ginevra e più io ero sicuro che il popolo
italiano non avrebbe mai minimamente vacillato. («No! No!»,
urla la folla).
Oggi tutti coloro che furono i
protagonisti delle sanzioni sono scomparsi dall'orizzonte. Molti di
essi sono caduti nell'oblio o si sono umiliati nella vergogna.
Il popolo italiano, dopo quattro
anni di severissime prove, è pronto come non mai ad affrontare
quelle successive.
Il popolo italiano in questi
giorni, o camerati, ha un volto solo: il volto della calma e della
decisione. Questo è il volto di un forte popolo.
(segue...)
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