(segue) Alla Vecchia Guardia
(26 marzo 1939)
[Inizio scritto]
Ma, poiché in ogni Nazione
c'è sempre un'aliquota di emotivi superficiali, che qualche
volta mettono in vacanza la ragione, io sono qui a dichiararvi nella
maniera più esplicita che quanto è accaduto nell'Europa
Centrale doveva fatalmente accadere.
Vi dichiaro che, se le grandi
democrazie piangono amaramente sulla fine prematura e alquanto
inonorata di quella che fu la loro più cara creatura, questa è
un'ottima ragione per non associarsi alle loro lacrime più o
meno decenti.
Aggiungo che, se il problema viene
messo sul piano della morale, nessuno, dico nessuno, ha il diritto di
scagliare la prima pietra, come la storia antica e moderna di Europa
abbondantemente dimostra.
Dichiaro che quando un popolo, che
aveva moltissimi uomini e immensi arsenali di armi, non è
capace di un gesto, ciò dimostra che esso è maturo,
arcimaturo per il suo destino.
E infine dichiaro che, se
avvenisse la vagheggiata costituzione di una coalizione contro i
regimi autoritari, questi regimi raccoglierebbero la sfida e
passerebbero alla difesa e al contrattacco su tutti i punti del
globo.
Terzo: Nel mio discorso di Genova
io parlai di una barricata che separava l'Italia dalla Francia.
Questa barricata può considerarsi abbastanza demolita e, fra
qualche giorno, forse fra qualche ora, le magnifiche fanterie della
Spagna nazionale daranno l'ultimo colpo, e quella Madrid, dove le
sinistre attendevano la tomba del Fascismo, sarà invece la
tomba del comunismo.
Noi non chiediamo il giudizio del
mondo, ma desideriamo che il mondo sia informato.
Orbene: nella Nota italiana del 17
dicembre del 1938 erano chiaramente stabiliti i problemi italiani nei
confronti della Francia: problemi di carattere coloniale. Questi
problemi hanno un nome: si chiamano Tunisi, Gibuti, Canale di Suez.
(segue...)
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