Per l'”Olimpiade delle civiltà”
(20 aprile 1939)


      Il 20 aprile, in Campidoglio, sono convocati, con le più alte gerarchie del Regime, i rappresentanti di tutte le forze attive della Nazione, la scienza, l'arte, la cultura, la tecnica, l'agricoltura, l'industria, il commercio: sono presenti prefetti, presidi, federali, autorità militari, politiche, amministrative; tutti i quadri dirigenti dello Stato fascista. Assistono, invitati, numerose personalità del mondo diplomatico, in rappresentanza delle nazioni che hanno già annunciato la loro partecipazione alla Esposizione Universale del 1942. Domina la sala, alta nello sfondo, la statua marmorea di Giulio Cesare.
      Alle 11 entra il Duce e s'inizia il grande rapporto per l'«Olimpiade delle civiltà».
      Parlano, primi, il Governatore di Roma e il Commissario generale dell'Esposizione. Quindi si alza il Duce. Ecco il suo discorso:

      Signori, Camerati!
      Questa nostra solenne riunione sul Colle Capitolino è il primo atto di una grande mobilitazione: i pochi, i molti, i troppi che oltre frontiera si abbandonano agli isterismi del momento, non si allarmino al suono di questa parola. (Si ride). Si tratta di una mobilitazione civile, pacifica, senz'armi — all'infuori di quelle del lavoro impugnate da quindicimila operai —; si tratta di iniziare uno sforzo sistematico e di coordinare tutte le energie nazionali perché l'Esposizione mondiale del 1942 sia degna di Roma, dell'Italia fascista e del titolo di «Olimpiade delle civiltà» col quale viene annunziata al mondo.
      Se noi avessimo intenzione di accendere la miccia, se noi covassimo reconditi disegni aggressivi, noi non ci dedicheremmo — come facciamo — a un'opera di così vasta mole qual'è quella di organizzare un'Esposizione universale, né avremmo invitato le Nazioni a prendervi parte, molte delle quali, accettando l'invito, hanno dimostrato di condividere — circa lo sviluppo degli eventi — le nostre idee.

(segue...)