(segue) Alla «X Legio»
(23 settembre 1939)
[Inizio scritto]
Il fenomeno era destinato ad
esaurirsi, altrimenti con mia somma mortificazione, avrei dovuto
dubitare di una cosa nella quale ho sempre fermamente creduto, e cioè
che il popolo italiano è uno dei più intelligenti della
terra.
Senza drammatizzare le cose,
perché non vale assolutamente la pena, la conclusione che se
ne deve trarre si riassume in queste parole: ripulire gli angolini
dove — talora mimetizzandosi — si sono rifugiati rottami
massonici, ebraici, esterofili dell'antifascismo. Non permetteremo
mai, né a loro né ad altri, di portare nocumento alla
salute fisica e morale del popolo italiano.
Il popolo italiano sa che non
bisogna turbare il pilota, specie quando è impegnato in una
burrascosa navigazione, né chiedergli ad ogni istante notizie
sulla rotta.
Se e quando io apparirò al
balcone e convocherò ad ascoltarmi l'intero popolo italiano,
non sarà per prospettargli un esame della situazione, ma per
annunziargli — come già il 2 ottobre del 1935 o il 9
maggio del 1936 — decisioni, dico decisioni, di portata
storica.
Per ora non è il caso. La
nostra politica è stata fissata nella dichiarazione del 1°
settembre e non v'è motivo di cambiarla. Essa risponde ai
nostri interessi nazionali, ai nostri accordi e patti politici ed al
desiderio di tutti i popoli, compreso il germanico, che è
quello di almeno localizzare il conflitto.
Del resto, liquidata la Polonia,
l'Europa non è ancora effettivamente in guerra. Le masse degli
eserciti non si sono ancora urtate. Si può evitare l'urto col
rendersi conto che è vana illusione quella di voler mantenere
in piedi o, peggio ancora, ricostituire posizioni che la storia e il
dinamismo dei popoli hanno condannato.
(segue...)
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