Alla Magistratura italiana
(30 ottobre 1939)
Il mattino del 30
ottobre, nella Sala delle Battaglie, in occasione dell'inizio
dell'anno giudiziario, il Duce riceve l'omaggio della Magistratura
italiana. Il Ministro di Grazia e Giustizia, S. E. Dino Grandi, legge
il seguente indirizzo:
«Duce,
«Vi esprimo, a
nome non solo dei magistrati qui radunati, ma di tutta intera la
Magistratura italiana, la più devota gratitudine per avere Voi
consentito che il nuovo ciclo della vita giudiziaria italiana per
l'Anno XVIII dell'Era fascista, abbia inizio da Palazzo Venezia, che
è il grande ponte di comando della Nazione.
«Con la
creazione dello Stato fascista, Voi avete assicurato l'Impero della
giustizia fra tutti gli Italiani; con l'ordinamento corporativo Voi
avete attuato la giustizia nella vita economica e sociale della
Nazione; con la vostra titanica azione, condotta per due decenni
nella politica internazionale, Voi avete indicato al mondo sconvolto
che senza giustizia non può esistere pace tra i popoli. «È
talmente pervaso di ciò il vostro genio e il vostro spirito,
che, quando, nel 1919, avete sollevato il popolo italiano in armi e
dato alla nostra generazione la consegna di combattimento, Voi avete
scelto come segno e simbolo della Rivoluzione il fascio littorio, che
è il simbolo romano della potestà e della giustizia.
«La Magistratura fascista vuole dichiararvi, Duce, che essa si
sente consapevole della missione che Voi le avete affidata di
«custode severa delle leggi della Rivoluzione» e di
questa missione essa sente tutti i doveri e la responsabilità.
È, infatti, attraverso l'opera diuturna del magistrato che
viene assicurata l'attuazione della legge; è attraverso la
decisione giudiziaria che la regola astratta della legge diventa una
realtà concreta e viva. «Il Magistrato attua il comando
del legislatore, e la sua sensibilità politica deve portarlo
talvolta oltre i limiti formali della norma giuridica, per obbedire
allo spirito e alla sostanza rinnovatrice della legge. Di questa sua
sensibilità fascista la Magistratura ha dato molti e
significativi esempi. È la Magistratura che, penetrando nella
sostanza politica di quel grande documento della Rivoluzione fascista
che è la Carta del lavoro, ha dichiarato che i principi in
essa consacrati dal Gran Consiglio attingono all'ordine pubblico
dello Stato e costituiscono la base d'interpretazione di tutto il
diritto positivo italiano. È la Magistratura che, anticipando
la legge e contro le vecchie teorie e le dissertazioni scolastiche ha
affermato che il Partito Nazionale Fascista dev'essere considerato
come organo di diritto pubblico e che tutti i suoi gerarchi sono
investiti di pubbliche funzioni e assumono la qualità di
pubblici ufficiali. È, infine, la Magistratura che,
consapevole della funzione della Milizia nazionale da Voi, Duce,
definita «la Guardia Armata della Rivoluzione e l'occhio vigile
e attento del Regime» ha riconosciuto che l'offesa portata al
Milite anche fuori servizio quando intervenga a ristabilire l'ordine
turbato, costituisce oltraggio, perché l'opera del Milite non
subisce discontinuità e ad essa il Milite fascista è
votato per sempre. «È stato detto ripetutamente che la
giustizia è il fondamento dello Stato. Noi fascisti
aggiungiamo che il senso dello Stato è il fondamento della
Giustizia. Voi ci avete insegnato che l'autorità dello Stato
altro non è se non l'autorità della legge. Il rigoroso
rispetto e l'applicazione severa, umana ed uguale per tutti della
legge fascista è la consegna che Voi avete dato alla
Magistratura italiana. Essa vuole riconfermarvi, Duce, il proprio
giuramento dì fedeltà e ripetervi oggi che essa sarà
ad ogni momento lo strumento più sensibile e più fedele
di difesa degli ordinamenti dello Stato che Voi avete creato, e dei
principi perenni della Rivoluzione fascista.»
(segue...)
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