Si era allora trattato soltanto di un bel gesto, destinato a rimanere nient'altro che un "bel gesto"? Un "gesto" più teatrale che militare? Alla fine, con grande amarezza, fu spedito il telegramma che Pavesi ansiosamente attendeva: Radiotelegrafate a Malta che per mancanza d'acqua cessate ogni resistenza. Una grande bandiera bianca fu dispiegata sul porto e su alcuni edifici dell'isola: il fuoco cessò. Gli Inglesi sbarcarono tranquillamente. Alcuni soldati che non si rendevano conto di quanto avveniva spararono alcune fucilate che ferirono due soldati nemici. Nient'altro!
Lo sbarco a Pantelleria — che, secondo un foglio inglese, con qualsiasi altra guarnigione sarebbe stato impossibile — costò all'Inghilterra il sangue di due feriti leggeri. E quanto costò all'Italia la difesa della prima isola del territorio metropolitano?
Il capo di stato maggiore generale, direttamente interpellato e procedendo attraverso scarse indirette documentazioni — l'ammiraglio Pavesi era sempre stato assai reticente in materia — consegnò un rapporto al Capo del Governo che stabiliva queste cifre: in un mese 56 morti e 116 feriti, quasi tutti Camicie nere della contraerea. Popolazione e truppe asserragliate nelle aviorimesse sotterranee non avevano avuto che perdite insignificanti. L'intera guarnigione — quasi intatta — composta di ben 12 mila uomini fu catturata. Dopo alcune settimane l'ammiraglio di squadra Jachino presentò una elaboratissima relazione che riduceva a 35 caduti il totale delle perdite subite durante un mese di bombardamenti dalla guarnigione di Pantelleria. Le aviorimesse, scavate nella roccia, avevano annullato gli effetti delle bombe nemiche. Le duemila tonnellate di bombe erano — sì — state gettate sull'isola, ma sulla roccia, non sugli uomini.
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