Nulla era stato praticamente disposto in anticipo per assicurare la continuazione della vita civile, attraverso i servizi più essenziali. La città di Palermo rimase quasi senza pane in quanto i panificatori non avevano potuto raggiungere la città perché bloccati nei luoghi di sfollamento. Ogni superstite mezzo di locomozione bloccato ovunque si trovasse. Dati i molti inconvenienti si cominciò a rilasciare, d'intesa fra le autorità civili e quelle militari, dei permessi eccezionali di circolazione entro la città o per la provincia.
Il terzo giorno fu finalmente convenuto di revocare lo stato di emergenza dalle ore 5 alle ore 17 del pomeriggio. Ma intanto la confusione che ne era nata dava un senso di marcato disorientamento. Sino al giorno 12 gli animi di fronte al fatto nuovo si mantenevano sereni. Cominciò però ad incidere la mancanza di ogni mezzo di comunicazione telegrafica o telefonici che impediva ogni notizia. Palermo era materialmente isolata. Salvo il "bollettino", nessun altra notizia. Ma in lutti perdurava l'aspettativa ansiosa di apprendere l'improvviso annuncio che il tentativo nemico era stato stroncato. Invece il "bollettino" parlava ancora che il nemico veniva "contenuto". Il morale della popolazione cominciava a deprimersi. Gli ufficiali stessi cominciavano a dar segni di sfiducia. Impaziente di attendere il "bollettino", la gente cominciò a ricercare e abbeverarsi alle notizie di Radio-Londra e Radio-Algeri.
Dopo aver narrato le fasi del viaggio Palermo-Messina e saputo che Enna era già stata sgombrata, la relazione dell'alto funzionario così continuava:
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