«— La maggioranza di essa, che si vede abbandonata dal re, perseguitata dal Governo, malgiudicata e offesa dall'esigua minoranza dei vecchi partiti che per venti anni ha supinamente accettato ogni posizione di ripiego, mimetizzando le proprie tendenze politiche, tra non molto ricomparirà nelle piazze in difesa della borghesia per affrontare il comunismo, ma questa volta sarà decisamente orientata a sinistra e contraria alla monarchia.
«— Il momento è difficile. Il Governo potrà meno difficilmente superarlo se gli Italiani, tolta ogni preoccupazione di sempre nuove repressioni, visti e giudicati con un unico sia pur severo apprezzamento, potranno riprendere la loro vita normale che per tutti gli onesti ha indistintamente inizio dal 25 luglio, come il re ha solennemente promesso».
Qui finisce il regio memorandum la cui significazione è evidente. Non è noto che cosa abbia risposto il Maresciallo, al quale la nota fu personalmente consegnata. È chiaro che già a metà dell'agosto infausto Vittorio Savoia cominciava a temere per il suo futuro. Egli aveva scatenato la valanga ed ora — visto l'accelerarsi del moto — pretendeva di moderarla. Troppo tardi! Egli aveva l'aria di pentirsi di avere liquidato un regime nelle file del quale aveva trovato dei sinceri e numerosi difensori, ma ormai i dadi erano stati gettati. Anche se lo avesse voluto Badoglio non avrebbe potuto liberarsi dai partiti che lo avevano aiutato nel colpo di Stato e dei quali egli era oramai prigioniero e coi quali doveva perfezionare la manovra sino alla capitolazione del settembre.
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