Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


Pagina 105 di 192       

%


     Queste parole, pronunciate con accento sincero e accompagnate da lacrime, esprimevano il sentimento dell'uomo, ma chi garantiva che fattori dell'ultimo minuto non sarebbero intervenuti? C'erano fra i guardiani molti giovani che non nascondevano la loro simpatia per Mussolini, ma ve n'erano quattro o cinque, dallo sguardo sfuggente e torbido, che avevano l'aspetto interno ed esterno dei sicari.
     Il giorno undici settembre tutte le notizie e le voci che giungevano da Roma indicavano che la confusione era al colmo, mentre procedeva l'occupazione di tutto il territorio da parte delle truppe tedesche.
     Nella mattinata, i comandanti del distaccamento del Gran Sasso scesero all'Aquila, dove ebbero una lunga conferenza col locale Prefetto e non meno lunghe comunicazioni telefoniche col capo della Polizia, rimasto ancora al Viminale.
     Circa le condizioni dell'armistizio, nulla di preciso: ma la capitolazione imposta era stata accettata. Molte versioni furono date sullo svolgersi degli avvenimenti nei giorni 7 e 8 settembre. La più attendibile è la seguente. È il rapporto di uno che ha visto e vissuto. Eccolo:
     «Il giorno 7 settembre nel tardo pomeriggio il generale americano Taylor, giovane e aitante, accompagnato da un vecchio colonnello pure americano, giungeva a palazzo Caprara, dentro un autoambulanza, provenendo da Gaeta, ove era stato sbarcato da un monitore italiano.
     «Lo riceve il mio informatore che già sapeva di questa visita e ne avverte prima il gen. Roatta, che dichiara di non voler parlare con il suddetto generale, poi il generale Rossi, sottocapo di S. M. generale, che pure si rifiuta (solito giuoco delle responsabilità...), infine lo riceve il generale Carboni, che richiede al suo capo di S. M. la carta con la dislocazione delle forze italiane e tedesche nella zona di Roma.