Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     Diradata la immensa nube di polvere sollevata dal precipitare di tutta l'impalcatura statale, vuotati col saccheggio, prima delle truppe, poi della plebe, i magazzini militari, fu possibile notare due cristallizzazioni di quel che rimaneva della coscienza nazionale: la prima consisteva nel considerare liquidata la monarchia. Un re che fugge verso il nemico; un re — caso unico nella storia — che consegna volontariamente allo straniero — al sud nemico, al nord alleato — tutto il territorio nazionale, è un uomo che si condanna da sé al vituperio delle generazioni presenti e future.
     Seconda constatazione: i magazzini militari erano pieni. Montagne di equipaggiamenti di ogni genere e cataste di armi, in gran parte moderne, che non erano state distribuite alle truppe. In data 22 aprile 1943, tre mesi appena prima della crisi, l'ingegnere Agostino Rocca, amministratore delegato dell'"Ansaldo", mandava questo rapporto al Duce:
     «Duce, ritengo opportuno darvi qualche notizia circa la produzione di artiglierie dell'Ansaldo. Nei primi trentun mesi di guerra (luglio 1940-gennaio 1945) le nostre officine hanno prodotto 5049 complessi di artiglieria. Nei primi trentun mesi della guerra passata (giugno 1915-gennaio 1917) la vecchia e gloriosa Giovanni Ansaldo ne produsse 5699.
     «Dal diagramma allegato si rileva che per fare i 5049 cannoni abbiamo impiegato 15 milioni di ore lavorative, mentre nella guerra passata, 5699 ne richiesero 6 milioni.
     «Dallo stesso specchio si rileva che le artiglierie odierne, con alte velocità iniziali, e quindi con sforzi più elevati, richiedono lavoro assai maggiore che non le artiglierie della guerra passata, e ciò malgrado il progresso verificatosi nelle macchine e negli utensili. Dal diagramma allegato D si rileva che all'inizio della guerra del 1940 la potenzialità produttiva era più elevata che nel giugno 1915, perché le predisposizioni adottate nel 1939-1940 furono ispirate da più larga visione di quelle del 1914-1915. In questo come in tutti gli altri settori l'industria italiana, grazie alle previsioni autarchiche e corporative del regime, si è trovata nel 1940 in uno stato di preparazione assai superiore a quella del 1915. Dallo stesso diagramma si rileva che la produzione ha raggiunto il suo massimo nel 1941 ed è lievemente declinata nel 1942, mentre la potenzialità degli impianti consentirebbe una produzione circa doppia di quella effettuata nel 1941.