Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     A furia di ripetere la parola "tradimento" si corre il rischio di perderne il significato, di dubitare dell'esistenza stessa del fatto. Ma, piantare un pugnale nella schiena all'alleato col quale sino al bollettino di guerra del giorno precedente si è combattuto insieme, non è il più nero, il più classico dei tradimenti? E davanti ai dubbi dell'alleato, davanti alle sue legittime richieste, mentire sino all'ultimo, mentire anche quando le emittenti nemiche già diramavano l'annuncio della capitolazione, non è il più nero e il più classico degli inganni? Vi è un punto bruciante sul quale è necessario fermare l'attenzione degli Italiani: la responsabilità del tradimento dinanzi al mondo. Se la responsabilità specifica del tradimento, nel nostro Paese, può essere determinata e fatta ricadere su taluni individui e categorie, la vergogna del tradimento ricade sulla totalità degli Italiani. Per gli stranieri è l'Italia che ha tradito, l'Italia come dato storico, geografico, politico, morale. Il clima dove il tradimento ha potuto perpetrarsi è italiano. Tutti hanno in maggiore o minore misura contribuito a creare questo clima, ivi compresi milioni e milioni di assidui ascoltatori di radio-Londra, i quali sono responsabili di avere determinato in sé e negli altri lo stato odierno di incosciente abulia. Anche la storia ha il suo dare e avere: il suo attivo e passivo. È giusto che ogni italiano sia orgoglioso di appartenere alla terra dove sorsero uomini come Cesare, Dante, Leonardo, Napoleone: un raggio di quegli astri si riverbera su ogni italiano: ma lo stesso accade per la vergogna e il disonore; un elemento si rifrange su tutti e su ognuno di noi. Per cancellare l'onta, per ristabilire l'equilibrio, non v'è che la prova delle prove: quella del sangue.