Lo spazio dal quale il "Cicogna" doveva partire era veramente esiguo. Allora fu arretrato per guadagnare qualche metro. Al termine del pianoro vi era un saltò abbastanza profondo. Il pilota prese posto sull'apparecchio; dietro lui Skorzeni e quindi Mussolini. Erano le ore 15. Il "Cicogna" si mise in moto. Rullò un poco. Percorse rapidamente lo spazio sassoso e giunto a un metro dal burrone, con uno strappo violento del timone, spiccò il volo. Ancora qualche grido. Braccia che si agitavano; e poi il silenzio dell'alta atmosfera. Dopo pochi minuti sorvolammo L'Aquila e, trascorsa un'ora, il "Cicogna" planava tranquillamente all'aeroporto di Pratica di Mare. Quivi un grande trimotore era già pronto, Mussolini vi salì. Il volo aveva per meta Vienna, dove si giunse a notte avanzata. Qualcuno attendeva all'aeroporto. Di lì al "Continentale" per una notte. All'indomani, verso mezzogiorno, nuovo volo sino a Monaco di Baviera.
Il mattino dopo al Quartier generale del Führer l'accoglienza fu semplicemente fraterna.
La liberazione di Mussolini ad opera di "arditi" tedeschi suscitò in Germania un'ondata di grande entusiasmo. Si può dire che l'evento fu festeggiato in ogni casa. La radio preparò, con ripetute emissioni, gli ascoltatori a una notizia straordinaria e non si ebbe delusione alcuna, quando la notizia, verso le 22, fu conosciuta. Tutti la considerarono come un avvenimento eccezionale.
Furono mandati a Mussolini centinaia di telegrammi, lettere, poesie, da ogni parte del Reich. Non ebbe l'evento una ripercussione analoga in Italia. Erano quelli i giorni del caos, della distruzione, del saccheggio, della degradazione. La notizia fu quindi accolta come una ingrata sorpresa, con fastidio e con rancore. E si cominciò col negarla: si diffuse la voce che si trattava di una commedia, che Mussolini era già morto, consegnato agli Inglesi, che il discorso di Monaco era staio pronunciato da un sosia. Questa voce continuò a circolare anche molti mesi dopo, elemento indicativo di un desiderio.
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