Benito Mussolini
Vita di Arnaldo


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     Specialmente d'estate, Arnaldo era mio compagno di giuoco e di avventure. D'inverno faceva freddo nella nostra casa affumicata e solo la neve ci dava un po' di gioia. La miseria attorno a noi era grande. Ci si prestava il pane, l'olio, il sale. Quando le «opere» lavoravano, prendevano 28 soldi per una intera giornata. Un avvenimento che rimase scolpito nelle nostre memorie e che più volte — di poi — ho ricordato ad Arnaldo, fu la partenza degli emigranti per il Brasile. Da Varano partì Matteo Pompignoli. Scene di commozione e di lacrime. Ricordo, nella sera, lungo la scala malamente illuminata dai lumi a petrolio, scendere i partenti, con le spalle cariche di grandi sacchi, mentre i parenti dalla ringhiera continuavano a gridare i loro addii. I più non sono tornati. Molti sono morti nelle fazendas di Minas Geraes.
     L'estate era la nostra stagione. Finite le scuole, l'aula della scuola di mia madre veniva sgombrata per accogliere il grano trebbiato dalla macchina comperata per primo da mio padre. Si andava a caccia di nidi e di frutta. Si spiava sui rami il primo frutto maturo: il fiume era la nostra meta preferita. Arnaldo rivelava fin d'allora il suo temperamento. Egli era infinitamente più tranquillo di me e più buono. Mentre, spesso, i miei giochi coi compagni finivano in lotte furibonde, io non ricordo ch'egli ne abbia mai provocate. Era mite e riflessivo. Mi tratteneva, mi consigliava, mi aiutava, poi, a rimettermi a posto, per presentarmi al babbo senza pericolo di buscarne. Mentre traccio queste linee, rivedo il fiume, il torrente, la strada, i casolari, il campanile di San Cassiano, i miei coetanei, il «callarone» che dalla provinciale saliva a Varano; le spigolatrici d'estate e le interminabili partite a briscola d'inverno nella stalla di Cireneo, partite interrotte soltanto quando giungevano i fogli illustrati con la guerra d'Africa. Sono legati ai ricordi della mia infanzia i nomi di Makallè, Toselli, Taitù, Amba-Alagi, Maggiore Galliano. Si cantava allora: