Benito Mussolini
Vita di Arnaldo


Pagina 14 di 66       

%


     «Carissimo Benito, desidero innanzi tutto darti notizie di Sandrino. Come già ti dissi per telefono, egli è affetto da mielosi globale leucemica. I vari medici che io ho consultato hanno fatto tutti una diagnosi assai grave: malattia inguaribile. Però, se guardo questo ragazzo, la sua serenità e l'assenza di qualsiasi dolore fisico, ne traggo ragioni di speranza. Confido nella cura dei raggi X e nella cura delle iniezioni di arsenico e vitto di fegato che faremo negli intervalli di applicazione dei raggi. Questa cruda verità la conosco soltanto io in famiglia, ciò che mi rende difficile applicare una certa disciplina al ragazzo, che, come tutti gli ammalati, è un po' irritabile e ha dei desideri, uno dei quali, ad esempio, quello di volare. È per accontentarlo che oggi l'ho portato con me a volare su un trimotore Fokker. Tutti questi suoi desideri di vita sono per me un'altra fonte di speranza. Al solo pensiero che mi possa toccare una sventura così grave mi si spezza il cuore. Ti ringrazio del tuo affettuoso interessamento».
     Il cuore cominciò a spezzarsi d'allora. Arnaldo cominciò a morire da quel giorno. Così per tutto il 1929. Nella primavera del '30, io fui suo ospite durante la mia settimana milanese. Sandrino era ancora in piedi, ma smagrito e più silenzioso che mai. Sentii nella nuova casa di Via Massena una atmosfera di preoccupazione. La Morte era presente negli angoli. Passarono alcune settimane. Quando una sera Arnaldo mi fece la prima grave telefonata da Cesenatico. Mi recai a trovare Sandrino. La mia visita lo sollevò un poco. Lo abbracciai. Cercai d'infondergli coraggio. Medici, infermieri, amici fecero l'impossibile con un'abnegazione sovrumana. Durante venti giorni Arnaldo dimenticò cibo, sonno, riposo: si tenne in piedi a furia di caffè, sino alla terribile sera, in cui, alle 19, una voce piangente mi diede l'annuncio che Sandrino era morto. La cronaca di quei giorni è nella mia e nella memoria di tutti.