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Il Fascismo prendeva con lui un altro aspetto e non soltanto quello, necessariamente duro, della Rivoluzione. Il Regime, attraverso la sua opera, si «umanizzava»: il calcolo politico cedeva il posto all'impulso del cuore. Perché nell'arido deserto della politica militante non dovrebbe mai scorrere la vena — sia pure segreta, ma limpida e ristoratrice — della bontà? I potenti non temperarono sempre e in ogni tempo l'esercizio della forza con quello della bontà? Ma «potente» Arnaldo non volle essere mai. Egli si sentiva come gregario e come uomo un «umile». Nel suo testamento balza questa parola evangelica. Nel suo ultimo discorso del 20 dicembre, ventiquattr'ore prima che il suo cuore cessasse di battere, non parlava ancora degli «umili» verso i quali doveva dirigersi lo sforzo solidale di tutte le organizzazioni del Regime? La folla innumere che si raccolse dietro la bara di Arnaldo, non era essa la prova che l'anima del popolo rispetta la forza, ma ama la bontà? La bontà reca in sé un altro carattere: il perdono. Arnaldo perdonava anche e soprattutto a quelli che lo avevano amareggiato. A ciò era portato dalle sue costanti e profonde convinzioni religiose. Egli era un credente, ma non — com'egli disse nell'ultima conferenza alla Scuola di Mistica fascista — «credente in un Dio generico che si chiama talvolta per sminuirlo Infinito, Cosmo, Essenza, ma di Dio nostro Signore, Creatore del Cielo e della Terra e del suo Figliuolo che un giorno premierà nei regni ultraterreni le nostre poche virtù e perdonerà, speriamo, i molti difetti legati alle vicende della nostra vita terrena». Il testamento spirituale, che è del 1928, contiene una non meno alta e chiara professione di fede. E questa fede lo aveva accompagnato per tutta la vita. Non era, quindi, la fede che giunge nell'ora del crepuscolo, quando stanchi o delusi della terra gli uomini si ricordano del Cielo, ma era la fede della prima infanzia e, poi, di tutta la vita. Fare del bene, nel nome di Sandrino, questo Arnaldo invocava dopo il triste agosto del 1930. Fra le carte trovate al suo ufficio di Palazzo Margherita, c'era un volumetto tascabile del Nuovo Testamento e un foglietto scritto di pugno di Arnaldo che diceva: «Vedi salmo 130». |