Lo vedevamo da qualche tempo accasciato per le vie di Teramo; lo vedevamo non più forte e pieno di salute
come per lo addietro; ma non avremmo mai creduto che la catastrofe scoppiasse così presto. La perpetuità di
uomini come Nicola Marozzi la cui vita fu un continuo sacrificio ed una ghirlanda non mai interrotta di buone
azioni, vorremmo statuita da un precetto della Natura per il bene dell'umanità.
Salute e bene — era il suo saluto agl'innumerevoli amici suoi, ed in questo augurio tutto il suo animo si
trasfondeva. Ma non fu soltanto un uomo buono, che già sarebbe molto in tempi corrotti. Egli fu un patriota della vecchia
guardia, uno di que' patrioti che seppero tenere Teramo all'altezza di città ribelle alla tirannide, in tempi nei
quali non era lecito scherzare come si fa ora, col Governo e con la polizia.
Nato il 3 marzo 1820 da Pasquale Marozzi e Giovanna Fasciani, il nostro Nicola ebbe una educazione informata a
sensi liberali. Covò nel seno odio vivissimo contro i Borboni; e di Trojano e Filippo Delfico, di Andrea Costantini e di altri capi
liberali di quel tempo furono amicissimi i fratelli Nicola e Francesco Marozzi, quest'ultimo che morì sotto il nuovo
Governo, procuratore generale di Corte d'Appello a Macerata. Scoppiavano i moti del 1848; tutto l'Abruzzo si accese fìdando sul giuramento di Ferdinando II. Ma pur troppo,
dopo il 15 maggio, lo spergiuro aprì la via alla più bieca reazione. Molti liberali furono presi, processali per aver prestato fede alla regal parola, e condannati, tra i quali
Francesco Marozzi ch'ebbe 24 anni di ferri, e ne scontò 11 in un bagno penale; molti altri poterono fuggire all'ira
nemica, tra i quali Nicola, che fu condannato in contumacia a 13 anni di ferri, ma si salvò con la latitanza di 11
anni.
Gli aneddoti della sua latitanza sono molti e, bisogna dire che talvolta una mano misteriosa proteggesse questi
naufraghi della libertà ! A Città S. Angelo, il nostro Nicola, perseguitato dai gendarmi, poté ricoverarsi nella
casupola di un contadino, il quale, preso da pietà per il povero fuggiasco, e vedendo avvicinarsi i gendarmi,
lo fece mettere sotto la coltre del letto in cui giaceva la propria moglie puerpera. I gendarmi si guardarono
bene dal toccare il letto della puerpera.
Ma a Colonnella, dove rimase molto tempo, e trovò i suoi salvatori più intelligenti e solleciti in quei tre fratelli
Montori Luigi, Giuseppe e Raffaele, veri pionieri della libertà in quelle contrade, Nicola Marozzi ebbe l' incontro
più soave della sua vita, il 14 ottobre 1851. Egli era in attesa di un passaporto per Genova che gli doveva procurare un impiegato pontificio, che poi finì
anch'egli nella galera, e conobbe una bella e buona fanciulla, Colomba Montori, il cui carattere soavissimo non
poteva non colpire il profugo infelice. Da quel momento le due anime si legarono per non disgiungersi mai più,
neppure oggi che la tomba divide i due conjugi. Egli promise di sposarla in tempi migliori, e la sposò nel 1860, dopo che la Costituzione del giugno detto anno,
data da Francesco II ai popoli delle Due Sicilie, ridonò la libertà a tutti i condannati politici.
Da quel tempo, Nicola Marozzi si dié alle cure della famiglia, ma continuò a servir la patria ingaggiandosi col
battaglione Delfico per la repressione del brigantaggio nel nostro circondario e n'ebbe il grado di capitano; non
dimenticò la politica, in cui fu monarchico liberale sempre, non trascurò la civica azienda, nella quale fu per
parecchi lustri consigliere comunale, e per alcuni anni, sotto il sindacato di Settimio Costantini, anche assessore.
A lui si preparano per stamane solenni funerali: la città non può mancare a questo dovere di gratitudine verso
un patriota che le fu sempre figlio devoto, verso un uomo che non fece mai male ad alcuno, anzi non si
sottrasse mai dal beneficare altrui quando l'occasione gli si presentasse. Pace all'anima venerata del vecchio amico, cittadino probo ed onesto. (T)
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