I funerali di Nicola Marozzi riuscirono solenni ed imponenti, come prevedevamo. Grandioso fu l'estremo tributo di
affetto che la città rendeva al valoroso e buono figlio suo.
La salma fu deposta nella Chiesa dell'Annunziata, e tutto il mercoledì mattina fu un accorrervi di gente di ogni
ceto, di ogni condizione, in pio pellegrinaggio.
Ai piedi del ricco catafalco era stata apposta la bellissima epigrafe dettata dal can. prof. Berardo Mezucelli:
- Preghiamo - pace e luce sempiterna - a Nicola Marozzi - che dette la gioventù alla patria - quando era delitto
l'amarla - il resto della vita - alle cure della famiglia - galantuomo sempre in ogni vicenda di fortuna - continuò il
nome onorato della sua casa - feconda di uomini egregi - per virtù di mente e di mano - morto più che
ottantenne - lascia desiderio glande di se - in ogni sincero amatore del bene.
Allo 11 il corteo era formato. Precedeva la confraternita, e poscia seguivano l'orfanotrofio maschile e quello
femminile, l'asilo infantile.
Le corone inviate dalla città di Teramo dalle famiglie: Bonolis, Urbani, Rocco, Rodomonte, Giordaini, Tartagliozzi,
Sagaria, Stuart, da Agatone Franciosi, dagli impegati della Segreteria Prov., dagli impiegati di Prefettura,
dall'ufficio tecnico prov., e dagli amici, erano tutte portate a braccia da contadini e da operai. Notevole quella
del Senatore Troiano Dollico dedicata al suo più fedele amico.
Sul feretro era stata deposta la corona di fiori freschi della famiglia.
Ai lati del carro di 1. classe, erano le guardie municipali, in gran divisa, in servizio d'onore, ed i valletti
municipali.
I cordoni della bara orano tenuti dal Conte Salvoni pel Prefetto, dal sindaco cav. Paris, dal cav. ing. Crugnola per
la Provincia, e dal prof. De Benedictis por i reduci.
Dopo il feretro venivano i parenti dell'estinto, e seguiva un' immensa folla di autorità, di cittadini, di amici, di
popolo. Nulla di ufficiale, di convenzionale ma una dimostrazione spontanea di simpatia por il vecchio patriota.
Fuori Porta Madonna lesse un discorso, che noi volentieri pubblichiamo, l'avv. Campanella:
E' un altro della vecchia guardia che se ne va e trascina seco nel sepolcro le memorie dì tutto il periodo epico,
glorioso della nostra grande rivoluzione.
Ed a noi non rimane che lo sterile conforto di piangere e di agitare le bandiere per poco, non rimane che
l'angosciosa constatazione, in mezzo allo imperversare della decadenza, della morte, di tutti gl'ideali.
Nicola Marosi fu gentile e prode cavaliere dell'ideale nel tempo sacro alla gloriosa primavera d'Italia. Baldo e
fiorente di giovinezza, avido di libertà, insofferente d'indugi, cospirò contro la tirannide a viso aperto.
Perseguitato dalla polizia, processato, condannato ad 11 anni di ferri, tu costretto avviarsi sulla via
amarissima dell'esilio e persistervi tra stenti, angoscie e sofferenze d'ogni maniera, con alta e virile dignità, fino
al 1860. Redenta la patria a libertà, nulla chiese per sé, non mercanteggiò, patriota vero, quegli stenti e quelle
angoscie, ponendoli a prezzo. Forte della coscienza di non aver fatto altro che il proprio dovere, conscio che
quel dovere non era per' anco compiuto, non riposò, come ne avrebbe avuto dritto, ma rimase al suo
posto di combattente. E militò così contro il brigantaggio, capitano della guardia nazionale, si adoperò por
l'attuazione dei nuovi ordinamenti civili, e, quando il paese, più tardi, ebbe ancora bisogno dell'opera sua, fu
sapiente, ed esperto amministratore della cosa pubblica.
Tale fu Nicola Marozzi, cittadino. Ma uomo fu anche migliore e meritevole, di maggior ricordanza e di più largo
rimpianto. Simile per questo ai grandi della nostra rivoluzione, Egli fu immensamente, supremamente buono,
buono nel senso eroico ed antico della parola. Ebbe purezza e semplicità di vita, ebbe candore quasi infantile di
costumi. Ai 80 anni Egli era candido e semplice come un fanciullo. Passò la vita amando, e quanto poté,
beneficando. Non ebbe però mai, cosa mirabile, verun nemico. Dinanzi alla bontà, alla ingenuità, all'espansione
cordiale dell'animo suo tutti passarono ammirando e purgandosi di ogni livore, di ogni bassezza.
Cittadino, padre, marito ed amico impareggiabile, con lui si è spenta una delle più nobili esistenze della città
nostra, un tipo venerando dell'antico stampo abruzzese e che per nostra vergogna si va facendo ogni giorno
più raro: il tipo cioè dell'uomo patriarcale e per il quale la illibatezza e l'austerità dei costumi da un lato, e la
venerazione immensa del focolare domestico dall'altro, erano cose quasi sacre, religiose.
Vale, o Nicola Marozzi. L'addio che ora ti do in nome della città tua non sarà il principio dell'oblio. Tu vivrai nella
memoria dei tuoi concittadini che tanto amasti fino a quando patria e virtù non saranno nomi vani."
Le commoventi parole dell'avv Campanella, ritratto fedelissimo del caro estinto, strapparono le lagrime ai
presenti, che facevano un augurio ed un voto: che possano cioè le rare qualità di uomo e di cittadino, che ebbe
Nicola Marozzi, essere di esempio alla gioventù nostra. L'ampia dimostrazione di cordoglio della cittadinanza valga a confortare la famiglia dell'estinto nostro amico.
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