Punto di partenza della teoria in questione è l’impresa. Per Nelson e Winter essa si presenta come un ente inerziale che procede per comportamenti, detti routines soddisfacenti, che si automantengono nel tempo fino a che l’ambiente esterno o il mercato impongano un mutamento a questa iterazione di procedure storiche. E’ come se l’impresa funzionasse sulla base di algoritmi trasmessi da una generazione all’altra di dirigenti; gli algoritmi mutano nel momento in cui dall’esterno si impone un processo di “adattamento”.
Le routine sono il risultato cumulativo dell’apprendimento che l’impresa ha fatto per poter sopravvivere in un mondo esterno dinamico, una forma di memoria organizzativa frutto della propria esperienza di comportamenti di successo: se una soluzione o procedura decisionale funziona, “soddisfa” cioè certi standard dettati dall’esterno essa viene replicata diventando appunto una routine (soddisfacente) fino a quando si dimostra inefficace. In questo caso l’impresa potrebbe decidere di innovare (o imitare innovazioni già introdotte da altri) mettendo in moto un potente meccanismo attraverso cui nuove routines vengono ad organizzare una frazione più grande della totale attività del sistema. (41)
L’impresa quindi, sulla base dei propri repertori organizzativi, innoverebbe o imiterebbe come risposta a mutamenti provenienti dal mercato o dall’ambiente esterno.
Supponiamo, nel caso del mercato, un mutamento nel regime dei prezzi. Se tale mutamento dovesse comportare per l’impresa una significativa riduzione del suo profitto rispetto il saggio medio questa, sulla base di altri dati di mercato (numero di imprese, grado di aggressività, disponibilità finanziarie etc.), potrebbe decidere di espandersi (imitare o innovare) avviando in tal senso l’attività di ricerca e la conseguente ridefinizione di un numero elevato di routines.
* * *
(41)
) Cfr. R. Nelson, S. Winter, An Evolutionary Theory of Economic Change, Harvard
University, Cambridge (Mass.), 1982.
|