L’efficienza, quindi, sarebbe una condizione poco compatibile con le dimensioni della piccola unità produttiva.
Le tesi sopra esposte persero progressivamente importanza durante la grande recessione internazionale degli anni 70. In quel periodo, infatti, in molte regioni europee (soprattutto della Francia, della Germania e dell’Italia), le cui economie erano prevalentemente fondate su piccole imprese riunite in distretti, si registrarono elevati ritmi di crescita che portarono i tassi ufficiali di disoccupazione ben al di sotto delle medie nazionali e i salari a livelli abbastanza elevati. Ciò permise, quindi, di apprezzare la validità economica della piccola impresa. (66)
Inizieremo questo capitolo ripercorrendo sinteticamente la storia della nascita, nell’ambito europeo, della piccola impresa moderna.
Vedremo come, nata quasi per “gemmazione” dalla grande industria e ad essa a lungo subordinata, sia riuscita ad emanciparsi conquistando propri spazi di mercato, fino a diventare una temibile concorrente della grande unità produttiva. Questa evoluzione corrisponde al passaggio, imposto dalla crisi internazionale degli anni 70, e a cui prima accennavamo, dei sistemi produttivi nazionali europei dal modello del fordismo a quello della specializzazione flessibile.
Cercheremo poi di individuare gli elementi che contraddistinguono la PMI, forniremo una sua classificazione (impresa conto terzista, impresa indirizzata al mercato, impresa innovativa). Inoltre individueremo le peculiari modalità in cui la piccola e media unità produttiva sviluppa l’innovazione tecnologica e quali sono gli elementi che caratterizzano le sue potenzialità innovative.
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(66)
) Cfr. F. Belussi, Nuovi modelli d’impresa, gerarchie organizzative e imprese rete, F. Angeli,
Milano, 1992.
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