I primi due secoli della di Pasquale Villari
, E LE ARTI MAGGIORI IN FIRENZE
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ciurlavano nella chiesa di S. Maria sopra Porta. Più tardi ebbero un proprio palazzo, e vennero loro concessi altri incarichi, come la cura delle pubbliche fabbriche, la direzione degli ufficiali di torre, e simili. Ma la loro principal cura fu sempre di proteggere la Parte, perseguitare i Ghibellini. E questo ufficio essi adempierono con tanto ardore, e tante furono le persecuzioni, che, coli"andar del tempo, si giunse a tale che chi era padrone dei Capitani di Parte, si poteva dire padrone di Firenze. Esclusione dai pubblici uffici per mezzo delle ammonizioni, esili, confische saranno le opere con cui fra qualche tempo li vedremo funestar la Repubblica, e rendersi sempre più potenti.
Se ora gettiamo finalmente uno sguardo generale alla nuova costituzione, in mezzo alla intricata moltitudine de* suoi Consigli e de' suoi magistrati, essa ci parrà abbandonata al disordine ed all'arbitrio. Ma se guardiamo più attentamente allo scopo cui essa era destinata, noi la vedremo singolarmente adatta a raggiungerlo. La guerra civile non è finita di certo, deve anzi ancora per lungo tempo continuare; la democrazia s'avanza, per giungere al suo pieno trionfo, e distruggere totalmente l'aristocrazia. Xé si contenterà di toglierle il dominio della Repubblica, ma vorrà toglierle l'esistenza stessa, il che non potrà fare senza versar molto sangue, senza molte rivoluzioni. Xel nuovo ordinamento politico, il potere centrale, mutabile ben presto ogni due mesi, è sempre debolissimo di fronte alla grande importanza, alla durata ed alla forza che hanno assunta il Podestà ed il Capitano. Messi alla testa del Comune e del Popolo, circondati ognuno da due Consigli, essi restali sempre come capi di due repubbliche armate e nemiche. Ma in quella del Popolo, che finora era stata la più debole, niuno dei nobili può entrare ; in quella del Comune, invece, il popolo ha preso accanto ai nobili un posto assai importante, e nelle sue mani è perciò legalmente venuta la decisione principale di tutti gli affari, non ostante la supremazia che di fatto Carlo d'Angiò esercitava nei più gravi momenti. Che odi nasceranno da un tale stato di
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