Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
452 STORIAfa segno essere il popolo divenuto non più un antagonista, ma uno strumento, non una energia degna di essere combattuta, ma una forza vinta che si usa a lor grado dai vincitori. Cosi quando il popolo di Roma si divideva dai grandi e saliva il monte sacro, la repubblica, quantunque agitata, era forte e rigogliosa; ma sotto una floridezza mentita serpeggiava la morte nelle sue viscere, quando l'elemento popolare perdeva la sua autonomia, e diventava partigiano di Siila o di Mario, e di tutti gli altri ambiziosi che seguitarono a questi primi.
Dopo F ultima cacciata dei Guelfi nel 1296, e la rinunzia di Lamba Doria e Corrado Spinola al capitanato (1299), la città era ritornala al solito governo dei podestà, con. soprappiù l'autorità degli abbati, la quale, dopo essere stata legalizzata da Corrado Doria, andava ogni giorno pigliando maggior piede, ed aspirava a qualcosa di più della amministrazione secondaria della giustizia. Cosi mentre i primi ritenevano il potere esecutivo, gli abbati aveano ottenuto il diritto di presiedere il consiglio dei ventiquattro anziani, e il parlamento. Nel fatto però il partito ghibellino reggeva con la sua influenza la città. Erano a capo di questa fazione i Doria, e quel ramo degli Spinola detti di Lucuto, l' individuo più distinto della quale famiglia era Opizino. Costui, d'indole energica ed ambiziosa, cercava colle ricchezze, di cui sovrabbondava, procacciarsi partigiani e favore fra il popolo, che spessissimo si lascia abbagliare dalla magnificenza, e all'esterno si conciliava amicizie potenti, ospitando graziosamente tutti i personaggi più distinti che capitavano a Genova.
I fuorusciti guelfi riguardavano come loro capi i Fieschi, i Grimaldi e gli Spinola di Piazza, e il desiderio principale di tutti era il ricuperare la patria e con essa il potere. Un tentativo dei Grimaldi era mal riuscito. Approdati di notte con cinque galere, e scesi a terra, uccisero dapprima Lanfranco Spinola, che a caso gli occorse ; ma, levatosi in arme il popolo al suono della campana, furono ricacciati, e molli di loro restarono prigioni. Oltre i fuorusciti avevano i Ghibellini di Genova un altro acerrimo nemico in Bonifacio VIII papa, ptìr i soccorsi prestati agii Aragonesi di Sicilia, che difendevano P indipendenza dell' isola contro le armi di Carlo II di Napoli, suscitate continuamente dallo spirito intrigante ed ambizioso di esso papa. Questi interdiceva la città, e poco dopo scomunicava Filippo il Bello, re di Francia, perchè contrastava alla di lui avidità. Il re se ne vendicava
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (168/637)
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