Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      Spinola, il quale discorrendo su e giù in ogni parte dove il pericolo e la rovina erano maggiori, incoraggiava e provvedeva a tutto ed a tutti. Nella notte poi i soldati genovesi aiutati dai cittadini, innalzavano nuovi bastioni dietro quelli già rovinati, onde agli aragonesi non dava l'animo di andare all'assalto e salire sulla breccia.
      Ma un nemico più terribile contro cui il coraggio e le armi riescono inutili minacciava Gaeta. Le vettovaglie andavano scemando ogni giorno più, la fame cominciò a farsi sentire, e ben presto divenne intollerabile. Speranza di poter raccòrrò viveri non ve n'era, perchè essendo la città situata alle falde di una punta di terra montuosa la quale si spinge in mare e serra il golfo, la stretta comunicazione colla terraferma era chiusa dalle genti aragonesi, nel golfo e nel mare libero, le navi nemiche non lasciavano passare alcuna cosa. Fu deciso di consentimento comune di liberarsi dalle bocche inutili, facendo uscire dalla città i ragazzi, le donne, i vecchi e tutte le persone inabili alle armi.
      La desolazione era nella città, ma tutti riconoscevano la necessità d' un sacrifizio supremo; e l'amore della famiglia fu vinto dall'amore della patria. Una miserabile moltitudine, varia di sesso e di età, pallida ed affamata, usciva dalla città dirigendosi verso il campo aragonese. Quivi conosciuta la cosa i pareri erano varii. Vi fu chi propose doversi respingere indietro la infelice turba tra le trincee e le mura, e quivi farla servire di bersaglio alle artiglierie; i più volevano che gli usciti si costringessero a ritornare dentro: ma prevalse nell'animo del re il consiglio più generoso. Per ordine suo fu ristorata la turba affamata con sufficiente nutrimento e poscia data facoltà a ciascuno di andare dove volesse. Non scemavano però sensibilmente per questo le augustie degli assediati, e quantunque lo Spinola distribuisse le razioni con parsimonia, non ostante la penuria ricominciava a farsi sentire anche più forte di prima. Nell'istesso tempo i patimenti diminuivano l'entusiasmo; e l'arrivo di un altra flotta aragonese sotto gli ordini di Don Pietro fratello del re, faceva sparire nei più l'ultimo barlume di speranza. Prorompevano quindi in lamenti ed in aperti discorsi di resa a tale che la imperturbata costanza dello Spinola stesso ne fu scossa, e vi fu momento in cui fè disegno d'imbarcare i suoi sulle due navi che l'aveano portati e partirsi ; ma avendo le artiglierie nemiche sfondata la caracca, rianimato da nuovo ardore, ispirò negli animi abbattuti una risoluzione ancor più ferma di durare, e di difendersi.
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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Gaeta Spinola Don Pietro Spinola