Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
342 STORIAsi ebbe ricorso al Papa Eugenio IV, ed ai Fiorentini i quali incontanente ne spedirono parecchi bastimenti carichi. Pubblicava nello stesso tempo il nuovo governo un manifesto in latino ad oggetto di giustificare la mutazione seguita, nel quale si rimproveravano a Filippo tutte le arti usate per farsi assoluto padrone della Repubblica. Non doversi egli meravigliare della risoluzione presa dai Genovesi, ma sibbene che avessero tanto tardato a prenderla; si rammentasse de' vergognosi trattati conclusi precedentemente e di recente col nemico del nome genovese Alfonso d' Aragona; le cessioni continue ed i modi tirannici usati dai suoi governatori, fra i quali si distingueva il violento e rapacissimo Opizino Olgiati. Ornai le elezioni non essere stale più libere ; F erario esausto per servire ai suoi capricci ambiziosi ; gP interessi della Repubblica sacrificati sempre ove fossero stati in opposizione coi propri; infine la santità de' giudizi violata, ogni volta chela giustizia avea dovuto decidere fra un Lombardo ed un Genovese (1436). Tutti i Genovesi non avere ora che un solo pensiero; vivere e morire liberi. Ove non fossero in seguito molestati gli avrebbe esperimentati, se non sudditi almeno amici ed alleati fedeli, altrimenti essere determinali a tutto prima di ritornare sotto il giogo ducale. Il manifesto finiva in queste parole » Giudicheremo delle tue intenzioni nel restituire che farai il grande stendardo < e le altre cose che tu ne hai tolte. Sei dunque arbitro della pace e della « guerra con noi. Bramiamo l'una, e non pavenliamo l'altra. »
Ma pareva che Filippo non fosse inclinato a rinunziare cosi facilmente ad uno stato su cui avea fondato le principali speranze della sua grandezza. Ordinava appena avuto le notizie della rivolta, a Niccolò Piccinino che radunate quante più genti potesse, calasse in Liguria, e procurasse per mezzo del Castelletto, che ancora restava in mano del Trivulzio e delle genti ducali, di riavere la capitale. D' altra parte i Genovesi avuto seniore di ciò, cercavano ogni modo per torre ai loro avversarii quest' ultimo nido. Dato un primo assalto ottennero la muraglia esteriore di castelletto; poi crescendo ogni giorno più i rumori dell' approssimarsi del Piccinino, cinsero da quella parte la città con un largo fosso. Dentro la fortezza, questi apparali e più di tutto la perdita delle fortificazioni esteriori, aveano disanimato il presidio, il quale nulla curando le minaccie e le preghiere del Trivulzio, lo costrinse ad entrare in ragionamenti d' accordo. Fu stabilito che il Castelletto non ricevendo aiuto entro uno spazio determinato di tempo, si arrenderebbe.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (362/637)
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