Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA 435
Appena riseppe i casi di Genova, la reggenza si affrettò a porvi riparo avanti che le fortezze fossero obbligate ad arreudersi. L' esercito spedito sommava a sedicimila uomini: cioè; ottomila uomini di fanteria grave, armata di corazze, seimila uomini d'infanteria leggera, e duemila soldati di cavalleria. Alla testa di queste truppe era stato posto Sforzino, figlio naturale di Francesco Sforza, in nulla somigliante al padre, e per correggerne l'avventatezza giovanile, gli erano stati dati per consiglieri, Pietro Francesco Visconti e Pietro del Verme.
il Sanseverino vedendosi venire addosso uno dei maggiori e più fioriti eserciti, che mai fino allora fossero calati in Liguria, non si perse d'animo, ma da valoroso ed esperimentato capitano eh' egli era, attese con mirabile attività a fortificare i luoghi, i quali potevano fornire un passaggio agli invasori ; imperocché conosceva che la somma di tutta la guerra dipendevas
dall'impedire la congiunzione delle genti che si approssimavano con la guarnigione delle fortezze. Ad ottenere questo intento, gli bisognava chiudere tutte le strette e gole dei monti, che dalla punta di Promontorio, dove è situata la lanterna, si stendono con lungo giro intorno alle fortificazioni fino alla valle del Bisagno; però movendo dalla punta di Promontorio, la congiunse per mezzo di bastioni e di ripari, con un colle che guarda la valle di Polcevera, dove era situato il Castellazzo. Dietro i bastioni, i quali erano benissimo forniti di artiglieria, correva una fossa larghissima, e dal termine di questa si stendeva fino al monte dei due Gemmelli un muro lungo quattrocento passi, alto cinque piedi, e largo tre. Ma, perchè il nemico, vedendo gli ostacoli che gli erano opposti da questo lato, poteva valicare i monti più al largo, e discendere in vai di Bisagno, di dove non gli sarebbe stato difficile il comunicare con la fortezza di Luccoli, attraversò il letto del fiume, con un altro muro costruito con tanta solidità di merli e di bastioni, che sembrava più presto una cittadella, che un riparo provvisorio.
Terminati speditamente questi lavori, il Sanseverino si pose con le truppe regolari, che fra i soldati mandati da Napoli, e quelli condotti da lui, non arrivavano a settecento uomini, e col fiore delle genti genovesi, dietro il muro fra i due Gemmelli ed il Castellazzo, nel punto che formava il centro della linea fortificata. Cosi aveva sulla sua sinistra i ripari di Promontorio, sulla destra quelli di Bisagno, da questa parte un poco più avanti verso il centro, sovra un monte detto la Torrazza, si era situato con i suoi montanari, a guisa di posto avanzato, Luigi Fieschi.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (455/637)
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