Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      mwohb ottavaComunemente perō bė giudicava curante di sobrietade e si ancora di religione, chiunque si contentava di ber tre volte. Quella vecchia presso Antifane comico:
      <&āpt: fAÉ/j* rptwv -j-cėp q>otIddio s* onora :
      ed ha ragione di parlar cosi la buona recchierella ; perchč i Greci ber solevano il terzo bicchier* in onore di Giove Saivadore: d'onde nacque il proverbio: Tō Tpėvo* tw Iw-rxpt : il terzo al Saivadore, Omero parimenti scrive , che Ulisse per comandamento di Circe, fatta una fossa, entro diffonde tre tazze per propiziazione de' morti : la prima di mulso, la seconda di vino, la terza d' acqua :
      npdrra p.č).txpTrrŧ : fAmiriiTtt 5e o"v6>;
      Tq rp'iTov ow8* uSaxi.
      0 sia la prima di latte e di mele, come interpreta la parola fiiXixp^Tw Eustazio. Per la qual cosa il costume di ber tre volte, qual mistica legge, osservavasi comunemente. Petronio : Excttsare ccspit moram, qaod amica se non dimĖ8Ė88et tribus nisi potionibus e leye siccatts. La quale nč tampoco dagli avidi bevitori si trascurava. Egli č ben vero che questi tratti da smoderata cupidigia di bere sovente rintcrzavano il tre. Ausonio lo c'insegna:
      Ter bibe, vel toties ternos : sic mystica lex est. Vel irta potanti; vel tria moltiplicanti,.
      E poco dopo :
      Juris idem tribus estt quod ter tribų*.


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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