Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAa pochi debolissimi punti della frontiera, con qualche isolato fortilizio o qualche batteria scoperta o qualche piattaforma sguernita, di là dal confine sorgevano d'incanto massicce costruzioni in calcestruzzo con torri e batterie corazzate, secondo gli ultimi sistemi suggeriti dall'ora defunto generale Brialmont, contro la ruina dei moderni proiettili laceranti.
Oggi, a Roma, convinti dell'errore e consci del pericolo, si vorrebbe riguadagnare il tempo perduto, armando alla lesta le quattro uscite della conca bellunese sulla soggetta pianura e magari costruendo un campo trincerato nella chiostra cadorina alla confluenza del Piave e del Boite, tanto per evitare la minaccia damoclèa d'una calata di giubbe bianche al piano, cioè d'una disaggradevole sorpresa sulle nostre retrovie in piena mobilitazione o in piena marcia offensiva.
Sarebbe, certamente, qualche cosa ed anche una buona cosa; ma non sarebbe nè tutto, nè abbastanza. Le nuove fortificazioni in quelle venete Termopili che sono le strette del Brenta e del Piave, come pure il concepito campo trincerato di Feltre o di Pieve, proteggerebbero la Venezia da un attacco di fianco; ma l'attacco diretto e frontale rimarrebbe facoltativo al nemico di ieri e forse di domani. La gran breccia di 35 chilometri tra Cormons e il mare resterebbe pur sempre libera all'invasione fino alla linea dell'Adige, sola capace d'arrestarne l'impeto iniziale.
Insomma — concludeva Colautti — bisogna assolutamente e sollecitamente pensare all'uscio aperto di casa nostra, che così è ancora e sempre la casa di tutti. E poiché se ne sono smarrite incautamente le chiavi, si pensi almeno a provvederla di catenacci!
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