L'inverno 1915-1916 era stato infatti relativamente tranquillo, a causa della ostilità del territorio e delle proibitive condizioni atmosferiche, ai limiti della sopravvivenza umana alle quote elevate nelle quali furono approntate le opere logistiche. Le temperature si aggiravano intorno ai trenta gradi sotto zero e tutto si gelava, persino il vino distribuito nelle gavette che andava rotto con gli scalpelli, oppure sciolto sulle stufe a legna o, in mancanza, dentro le giacche della divisa. A quelle condizioni era impossibile pensare anche ad una minima pulizia o igiene personale (nel mese di aprile 1916 scrive: “dopo 24 giorni olavato lafacia”).
A fine maggio (26) si sposta in Valstagna, dove nei primi di giugno, come accennato, conosce il primo vero impatto con la guerra più cruenta e drammatica, nel quadro di alcune parziali azioni offensive mosse dall'esercito italiano, che avrebbero preceduto una controffensiva generale iniziata il 16 giugno 1916. A metà giugno si sposta nella Valsugana (Grigno), mentre nel successivo mese di dicembre raggiunge Recoaro, ed opera tra Ciredo, Provena e Schio, quando ottiene la prima licenza di 15 giorni a metà di gennaio del 1917. Questo periodo di riposo è seguito da una lunga inattività per una serie di ricoveri ospedalieri durata circa dieci mesi, prima nell'ospedale da campo a Montecchio Superiore, quindi in un ospedale da riserva a Vicenza, da cui raggiunge negli ultimi giorni del febbraio 1917, dopo un viaggio durato due giorni, l'ospedale di Caserta. In questi mesi di degenza ospedaliera egli cessa di tenere il suo diario, che viene regolarmente ripreso solamente dal successivo 8 ottobre 1917, quando è nuovamente in servizio sull'Adamello, nell'alta Val Camonica, operando tra il Castellaccio, il Passo Lagoscuro ed il Monte Mandrone.
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