a cura di Federico Adamoli
L'interrogatorio di Luigi Baschieri (1840)
[4 gennaio 2016]
Riferendo dell'omicidio di Carlo Adamoli avvenuto a Pontecchio la data del 20 febbraio 1839 nella "Fabrica del Maglio", precisai che lo stesso fu commesso da Luigi Baschieri, dipendente della rameria, il quale accoltellò con uno "scortichino" il magliante Adamoli, che "repentinamente morì". Queste notizie sono state riferite dallo storico bolognese Giancarlo Dalle Donne, il quale ha pure rintracciato presso l'Archivio di Stato di Bologna gli atti relativi al processo (ASBo, Tribunale criminale di prima istanza, Processi pervenuti in archivio il 27 febbraio 1844, n. 6824).
Baschieri, spontaneamente costituitosi il giorno dopo aver commesso l'omicidio, nell'interrogatorio del 5 agosto 1840 riferisce le circostanze dell'accaduto, fornendo una versione nella quale tende ad avvalorare la legittima difesa. Ecco quanto egli riferisce:
“Mi chiamo Luigi del fu Giuseppe Baschieri, conto l’età di anni 40, sono ammogliato colla Domenica Ghizzoni, non ho alcun figlio, sono nativo di Reggio, Stato Estense, l’ultimo mio domicilio stabile era a Pontecchio alla fonderia del rame detta il Maglio, di condizione fabbricatore di rame e cattolico. […] Mi trovo in queste carceri per essermi spontaneamente costituito ieri l’altro in causa di un omicidio da me commesso fin dal giorno 20 febbraio 1839 sulla persona di Carlo Adamoli. […] Deve sapere che io andiedi a lavorare nel Maglio a Pontecchio nell’anno 1831, e vi sono stato sino al cominciante dello scorso anno 1839. Un anno incirca dopo di me venne in quella fonderia da rame come capo lavorante di essa il suddetto Carlo Adamoli, e la sua famiglia, il quale in tutto il tempo che ivi è stato non ha fatto che tormentarmi, e ciò proveniva principalmente dalla di lui moglie [Emmanuella Tesorati], la quale ogni dì cercava di altercare colla moglie mia, a segno che più di una volta mi sono rivolto al sig. Arciprete di Pontecchio, acciò interessasse i proprietari della fabbrica a mettere a dovere l’Adamoli, lo che però essi non hanno mai voluto fare, dicendo che se avessero potuto appianare li conti di credito che avevano con lui, allora si sarebbero interessati per metterlo al dovere. Accadde finalmente che il giorno 20 febbraio 1839 mia moglie face bucato, e mandò una donna a lavare in una canaletta le biancherie, nel qual giorno la moglie dell’Adamoli fece essa pure bucato, ed incaricò una donna a lavare nella stessa canaletta, e prendendo pretesto che noi sporcavamo l’acqua a segno che essa non poteva a lavare, si face a strapazzare mia moglie con ogni sorta di epiteto, e a mettergli sosopra la biancheria, né di ciò contenta, quando fummo ad asciuttare il bucato fece stendere le sue biancherie avanti le nostre, onde così in parte privarci dei raggi del sole.
Io, che sopraggiunsi nel frattempo, e che volli dire qualche cosa in proposito ricevei dalla moglie dell’Adamoli le stesse ingiurie che dette aveva a mia moglie, parmi credetti prudenziale ritirarmi, e mezz’ora circa prima dell’Ave Maria, avendo cessato dal lavoro mi condussi nel prato, ove levai uno de’ pali della moglie dell’Adamoli fatti piantare per potere così il giorno appresso meglio asciuttare le mie robe. La moglie dell’Adamoli che di ciò si accorse stando alla finestra di sua casa, mi coprì di ingiurie ed io volendomi ritirare nel mio quartiere situato nello stesso fabbricato ove stava l’Adamoli, appena entrato nella porta d’ingresso vidi quella donna, la quale stava discendendo la scala probabilmente per andare in fabbrica a chiamare suo marito. Nel medesimo istante questi cominciava a salire le scale, e riscaldato dalle parole della moglie, senza darmi il tempo per spiegargli quanto era accaduto, mi corse contro, previa di avere dato un pugno a mia moglie, e con un urto mi fece traboccare da alcuni scalini che aveva montati, e cadere per terra, e subito corsomi sopra mi compresse il ventre con un ginocchio, e fortemente mi strinse il collo con ambe le mani. Poco stante però una delle mani levò dal collo ponendosela in saccoccia, ed io approfittai dell’istante per sbarazzarmi da lui, e fuggire verso l’uscio del mio quartiere nel quale volevo confugiarmi. Rivolto l’occhio però mi accorsi essere da lui inseguito con coltello alla mano, per cui onde imporgli, appena entrato nel mio quartiere, afferrai un coltello scortichino che avevo nella cucina, primo ambiente d’ingresso, e quello tenendo alzato ordinai all’Adamoli di starmi lontano. Egli però, sporgendo la sinistra mano in alto ad afferrarmi, colla destra, nella quale aveva il coltello, fece atto di vibrarmi un colpo, ed io, che avevo il coltello alzato, un poco per l’urto di lui, un poco che io abbia spinto, lo colpii al di sopra del petto, lacchè appena fatto l’Adamoli si rivolse in fretta a rimontare le scale, e io, credendo andasse a prendere lo schioppo fuggii verso la vicina via pubblica […]”.
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