Qualche gesto, qualche occhiata dei due prigionieri insospettì i guardiani. Ai lati della casetta furono appostate due altre sentinelle. Un sottufficiale austriaco avvertì i catturati che la consegna imponeva l'uso delle armi al minimo tentativo di fuga. L'occhio delle sentinelle non abbandonavano mai gli aviatori, forse anche per curiosità: erano i primi aviatori che si vedevano a Birnbaum e gli unici ufficiali sul campo.
I giorni passavano. Tutti i progetti di fuga crollavano al contatto della realtà inesorabile. I prigionieri non volevano convenirne fra loro, amavano il loro sogno, e rimandavano l'evasione, aspettando quelle circostanze straordinarie, inimmaginabili, che ogni prigioniero crede di aspettare quando la sua pazienza diventa rassegnazione.
Il giorno 29 arrivò l'ordine di tenersi pronti a partire l'indomani mattina alle sei per il campo di concentrazione.
Bisognava rinunziare definitivamente alla fuga o tentarla subito, ad ogni costo.
Capitano questa notte - chiese il pilota,
Amico mio - rispose tristemente il capitano - non può riuscire; tentare è inutile: è il momento doloroso di riconoscere la impossibilità della nostre speranze”.
“Io farò di tutto per fuggire!” disse il pilota, deciso. Il superiore crollò il capo. Egli aveva ben calcolato e visto giusto. Ma vi sono momenti in cui la follia ha ragione.
Scendeva la sera, si illuminavano una ad una le lampade a petrolio lungo l'alta rete di acciaio del recinto e nei viali. Una pattuglia passava a verificare la chiusura delle porte. Il giovane pilota, la fronte appoggiata ai vetri della finestra guardava l'immane versante boscoso della valle, nero e nitido sul crepuscolo: E' là! E' là!
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