L'avvicinamento al ceto medio in termini di consenso elettorale era quindi altrettanto prioritario che il mantenimento del consenso operaio e contadino, nel perseguimento della logica di allargamento della alleanze e di pacificazione che la dirigenza segue nel periodo postbellico. (50)
L’arte, così come la stampa, diventavano "megafono" delle direttive della dirigenza. Molte furono quindi le riviste "fiancheggiatrici" del partito, non direttamente gestite dai vertici dello stesso, o i periodici non ufficiali, che comparvero in questo periodo; possiamo ricordare "Società", fondata a Firenze nell'estate del 1945, dall'archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli ebbe quali vicedirettori Romano Bilenchi e Cesare Luporini. La rivista favoriva il dialogo tra intellettuali delle diverse tendenze, sostenendo la loro funzione di "lavoratori nel campo delle idee", il cui compito fosse "combattere contro i nemici della cultura borghese del Novecento". (51) Accanto a "Società", si debbono citare alcune riviste nate all'indomani della Liberazione, nel 1945: "Il Politecnico" di Elio Vittorini, (52) di cui avremo modo di parlare in seguito; il mensile "Il Ponte", (53) di Piero Calamandrei; il settimanale "Vie Nuove", (54) legato al PCI; il periodico femminile "Noi donne". (55)
* * *
(50)
In questo contesto l’intellettuale è strumentale al partito per avvicinare il ceto medio:“Il distacco dai ceti medi
che si è rivelato (..) durante le elezioni politiche e amministrative può essere superato solo con un'attività politica
che difenda le rivendicazioni dei diversi gruppi intermedi (...) la necessità di un'intensa opera di reclutamento tra
gli intellettuali, i professionisti, i tecnici e gli operai qualificati, tra i contadini piccoli e medi proprietari, si pone
per tutte le federazioni indistinatamente". (Cfr. Il reclutamento della Repubblica, Direzione del Partito
Comunista, Roma, 1° agosto 1946, riprodotto su: Misler N., La via italiana al realismo, 1976, cit., pp. 110111).
(51)
(N. Ajello, Intellettuali e PCI, cit., cap. terzo e pag. 63). Bandinelli espresse poi nella sua autobiografia,
pubblicata nel 1948, Il diario di un borghese, il travaglio del passaggio dall'umanesimo al comunismo da
parte dell' intellettuale borghese; "un'abiura liberatoria rispetto a una cultura illustre ma non più sentita (...) in
vista del bene collettivo", passaggio quindi scaturito dal rifiuto dell'autore verso la chiusura del mondo culturale,
una casta, e dalla convinzione che l'unico futuro possibile si potesse fondare sul collettivismo. Si tratta di una
visione quasi religiosa, che configura un ruolo di mediazione per gli intellettuali: intrisi di spirito missionario (non a
caso, sosteneva, "gli intellettuali hanno cura d'anime") debbono sacrificarsi per rendere meno traumatica la
transizione sociale tra vecchia e 'nuova' cultura assicurandosi però di conservare i valori fondanti della tradizione
culturale. (Ibidem, p.68; cfr. anche Marcello Barbanera, Ranuccio Bianchi Bandinelli. Biografia ed epistolario di
un grande archeologo, Milano, Skira, 2003).
(52)
Il primo numero de “Il Politecnico” compare il 29 settembre 1945. La rivista chiude nel 1951 dopo una serrata
polemica tra i dirigenti del PCI e il direttore (nonché fondatore) Elio Vittorini sul rapporto tra politica e cultura e la
possibilità di espressioni artistiche critiche e indipendenti dall'apparato. La polemica nasce col pezzo di Vittorini sulla
sua rivista "Il Politecnico", in cui riprende le critiche di Garaudy (relative al Partito Comunista Francese) alla volontà
di irreggimentare gli artisti – e si afferma che in Italia "dimenticati gli avvertimenti in proposito del nostro
grande Antonio Gramsci, accade ancora oggi che qualche compagno pretenda di spingere ad instaurare in seno al
Partito Comunista Italiano un utopistico regime culturale". Gli articoli in questione sono : E. Vittorini, Politica e cultura
in "Il Politecnico", 1946, nn. 31-32;M. Alicata, La corrente Politecnico, in "Rinascita",
1946, 4; P. Togliatti, Lettera a Vittorini, in "Rinascita", 1946, 10; P. Togliatti, Politica e cultura. Una lettera di
Palmiro Togliatti in "Il Politecnico", 1946, nn. 33-34; E. Vittorini, Politica e cultura. Lettera a Togliatti
in "Il Politecnico", 1947, n. 35; F. Onofri, Politica e cultura in "Il Politecnico", 1947, n. 36; Politica e
cultura. Intervista a E. Vittorini in "Le lettres Françaises", 1947, 27 giugno; F. Platone, La politica comunista
e i problemi della cultura, in "Rinascita", 1947, 7. Per approfondimenti Cfr. N. Misler, La via italiana al
realismo, cit., pp. 26-30 e pp. 115-118, dove sono riportati integralmente i primi due pezzi del Vittorini Politica
e cultura. Vedi anche N. Ajello, Intellettuali e PCI, cit., pp. 113-137).
(53)
La rivista "Il Ponte", mensile di politica e letteratura, è fondata da Piero Calamandrei, giurista, umanista antifascista
convinto, nel 1945. Ad affiancarlo, una redazione composta dall' economista Alberto Bertolino, dal politico Enzo
Enriques Agnoletti, dallo scrittore Corrado Tumiati e, fino al 1946, dal cattolico Vittore Branca. Dopo la morte di
Calamandrei, nel 1956, la direzione passa a Agnoletti e Tumiati e dal marzo 1965 dal solo Tumiati. Fra i
collaboratori ricordiamo Luigi Salvatorelli, Giorgio Spini, Luigi Einaudi, Francesco Flora, Attilio Momigliano,
Luigi Russo, Mario Fubini, Norberto Bobbio, Giuseppe Pera. Diretta oggi da Marcello Rossi, può essere consultata
anche online sul sito http://www.ilponterivista.com. (Per approfondimenti Cfr. Mario Isnenghi, Dalla Resistenza
alla desistenza -L'Italia del "Ponte" (1945-1947), Roma-Bari, Laterza, 2007).
(54)
La rivista "Vie Nuove", fondata nel 1946 da Luigi Longo, è un periodico "di massa", che si presentava col taglio
informativo caratteristico del settimanale di attualità. Scrive Luca Gorgolini, ricercatore presso l'Università di
Bologna, che la lettura delle annate della rivista "offre un punto di analisi privilegiato per l'indagine del
rapporto tra subcultura social-marxista e processo di modernizzazione in corso nell'Italia degli anni Cinquanta e
Sessanta. Diversamente da altre riviste interne alla cultura comunista, si pensi in particolare a "Rinascita" che
aveva compiti ben definiti riguardo alla elaborazione della dottrina politica del partito comunista più grande
dell'Occidente, "Vie Nuove" aveva assunto immediatamente un carattere popolare: il periodico doveva orientare ed
educare i propri lettori, traducendo in forma semplice e attraente i messaggi che i dirigenti del partito volevano
comunicare. In questa direzione, alla vigilia del boom, uno spazio sempre più ampio viene dedicato all'analisi dei
caratteri della nascente società dei consumi di massa e agli inediti comportamenti sociali che su di essa si
innescano". (Luca Gorgolini, Il PCI e la questione giovanile nel dopoguerra, in "Storia e Futuro.
Rivista di storia e storiografia", 6, 2005.)
(55)
Noi donne
è una rivista mensile italiana fondata a Parigi nel novembre 1937, come foglio clandestino, per
iniziativa dell'antifascista in esilio Xenia Sereni. Uscita dalla clandestinità nel 1944, è stata organo dell'Unione
Donne Italiane fino al 1990. Ha ospitato nel corso della sua storia molte delle principali voci del femminismo
italiano ed è stato diretto negli anni Cinquanta da un’agguerrita Maria Antonietta Macciocchi (dal 1950 al 1956).
La rivista ebbe il suo momento di massima distribuzione negli anni Settanta, arrivando a una tiratura di seicentomila
copie grazie alla diffusione militante. Nel 2000 la rivista fu costretta a sospendere la pubblicazione per difficoltà
economiche, passando alla versione digitale, direttore Tiziana Bartolini. Attualmente è di nuovo disponibile in forma
cartacea, reperibile per abbonamento o presso le librerie Feltrinelli. http://www.noidonne.org/mensile.php (15
gennaio 2011).
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