Deborah Tolomeo
La 'Stampa Rossa' a Genova (1945-1953). Le Carte Adamoli


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     Con il passare degli anni la "battaglia delle idee” si intensificava in tutto il Paese: in questo clima fu la Società di cultura (15) a perseguire l’ambizione di creare un fronte compatto di intellettuali di diversa estrazione e avvicinare alla vita culturale ampi strati di opinione pubblica: impegno percepito essenziale per rompere l'isolamento della cultura 'di sinistra' e ricomporre il tessuto sociale dell'immediato dopoguerra, ormai logoratosi a causa dello scontro Est-Ovest. (16) L’associazione rispondeva ad un progetto di organizzazione e aggregazione delle forze culturali direttamente ispirato a quella "Casa della Cultura" vagheggiata dal sindaco Adamoli durante la sua amministrazione, un "punto di contatto fra gli enti locali, l'Università, la popolazione, i giovani", (17) che si proponesse come:

“(...) un centro di discussione, di informazione e di approfondimento dei più vitali problemi della cultura contemporanea (....) In particolare la Società di cultura si propone di avvicinare tra loro intellettuali di diversa formazione ideologica e culturale”. (18)

     L’azione della Società di Cultura - se raffrontata ad altre associazioni simili e "di sinistra" del secondo dopoguerra, quali il Centro Socialista, il Circolo Gobetti, (19) l'Istituto Gramsci - fu sicuramente la più efficace ed incisiva e questo anche per merito dell’apporto del PCI e per la sua apertura alle diverse articolazioni del mondo culturale genovese. (20)

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(15) La Società di Cultura nasce nel 1954 dall'incontro tra Enrica Basevi e alcuni intellettuali genovesi di differente formazione, tra cui Renzo Ciardini, membro della federazione del PCI, Walter Binni, professore ordinario di letteratura italiana all' Università, ed Ettore Pancini, anch'egli ordinario alla facoltà di Fisica (questi ultimi non marxisti). Le sue attività continuano fino al 1967, anno in cui chiude per 'consunzione finanziaria'. (Intervista a E.Basevi in I protagonisti a Genova, cit. pp. 19 e segg).

(16) “Per una decina d'anni la Società di Cultura accoglie gli astri nascenti della gauche italiana (...) giovani, intellettuali radicaleggianti (nel senso di quegli anni:liberali di sinistra, orfani del Partito d'Azione) e, in misura maggiore, intellettuali marxisti e dichiaratamente comunisti”. (P. Lingua, I genovesi: Politica e cultura, cit., pp. 27-28). Un notevole apporto proviene dagli esponenti dell' elite culturale ligure che collaboreranno con opere (come Lele Luzzati, Camillo Sbarbaro) e interverranno sulle tematiche più eterogenee intellettuali eprofessionisti di diversa estrazione e preparazione, italiani ed europei. Tra i più noti: Ettore Pancini per la parte scientifica, il critico e regista teatrale Giannino Galloni per il teatro, Bruno ed Edda Gabrielli, Maria Luisa Boero, l'avvocato Mario Cassani Ingoni, i fisici Antonio Borsellino e Mario Carassi. Tra gli interventi più significativi sono da citare quelli dell’allora sconosciuto Pier Paolo Pasolini e degli stranieri Andrè Gorz e Roman Vlad. (Ibidem, p. 22).

(17) Ibidem, p. 19.

(18) Ibidem.

(19) Il "Circolo Piero Gobetti. Associazione giovanile di cultura" viene inaugurato a metà degli anni Cinquanta come luogo d'incontro di giovani liberali dell'intero panorama della sinistra laica italiana, esclusi i comunisti. Le iniziative riguardano in prevalenza le questioni educative riferite agli studenti medi, infatti nel febbraio 1959 il circolo collaborerà con la società di Cultura – con cui è in concorrenza – alla creazione dell' Adesspi (Associazione per la Difesa e lo Sviluppo della Scuola Pubblica Italiana). Cfr. Intervista a Franco Croce Bermondi, La cultura universitaria e il socievole, in M. Novaro C. Bertieri (a cura di), I protagonisti a Genova, cit., p. 35. F. C. Bermondi è protagonista della vita culturale genovese per tutta la seconda metà del secolo; liberale di sinistra, professore ordinario di letteratura italiana all'Università di Genova dal 1949, studioso e saggista, collaboratore e animatore della rivista "La rassegna della letteratura italiana". (Ibidem).

(20) F.C. Bermondi spiega che la Società di cultura fu “la più felice, la meglio strutturata, la più incisiva, sia perchè da un lato aveva l'apporto del , cioè di un'organizzazione efficiente, sia perchè aveva una persona come la Basevi dotata di straordinarie qualità”. Ma continua: “La formula organizzativa della Società di cultura è una di quelle che ha funzionato di più, proprio perchè il pubblico non era quello degli amici che si radunano per discutere (..) non era un pubblico mondano, aveva appoggi forti nel mondo comunista, ma non era comunista. Non a caso, due suoi personaggi di bandiera, Binni e Venturi, non erano comunisti, tantomento marxisti. Per cui, seppure partorita da ambienti vicini al PCI , non era un centro di cultura dogmatica marxista (...) C'era un pubblico di sinistra, ma molto articolato, e non così specialistico come quello dell'affine Gobetti. In questo senso la Società di Cultura è stata un'esperienza centrale, dalla quale però non è uscita una rivista o un gruppo culturale, nemmeno un gruppo di pressione”. (Ibidem, pp. 38-39).