Per ora l'aumento dei prezzi è conseguenza prevedibile e naturale: 1° della forte svalutazione portata dai governi a numerose monete; 2° delle formidabili spese precauzionali belliche. Ed oggi la guerra ha un caratteri cosi tipicamente "industriale" che sono poche le materie prime, semilavorate, finite e i prodotti del suolo che non concorrono al fabbisogno di un conflitto in grande stile. Questa semplice constatazione viene confermata anche dall'andamento dei numeri-indici dei prezzi.
Se guardiamo, ad esempio, alla Francia - paese la cui economia è molto equilibrata fra industria ed agricoltura - vediamo che, alla fine del gennaio 1937, l'indice dei prezzi pei generi alimentari era cresciuto, rispetto al luglio 1936, del 4%, di fronte ad un incremento del 30% nei generi industriali; e quest'ultimo scarto in più coincideva con lo sviluppo marcato della produzione industriale stessa nel secondo semestre 1936, accentuatosi nel gennaio 1937.
Tale incremento appariva massimo nella meccanica, nel ferro e acciaio, miniere, gomme, motori.
Ora questo è il punto essenziale da studiare. perché se è un "boom" che proviene da un movimento ciclico delle congiuntura, si sviluppa e poi ai esaurisce in se stesso, senza provocare importanti fenomeni monetari.
Ma se il "boom" di carattere internazionale deriva essenzialmente e direttamente da spese pubbliche sostenute per armamenti, cioè per necessità di difesa di fronte alle quali non ci si può né arrestare, né recedere, gli elementi normali del prezzo e della conseguente reazione dei consumi non giocano più, e quindi il movimento generale può proseguire a lungo, e i mezzi di pagamento verranno sempre trovati, a costo di nuove inflazioni, diverse da Stato e Stato, senza potersi preoccupare dell'equilibrio instabile che esse creano. E allora, cosa ne avverrebbe del tentativo degli "allineamenti"?
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