Annibale Di Febo (anno 1945)
Annibale all'età di 25 anni (1920)
(Fotografie collezione privata Lucia Di Febo)
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Una figura che nell'infanzia ha lasciato in me una sensazione quasi mitica è quella di Annibale Di Febo. Seppure il ricordo sia vago e non ho traccia nella mia memoria del suo aspetto fisico, mi è rimasta la sensazione di una sua certa autorevolezza, pure rafforzata dal giudizio lusinghiero che su Annibale sentivo ripetere dalla zia Fernanda. Avevo solo pochi anni quando durante il periodo estivo egli veniva a trovare mio padre, da lui affettuosamente chiamato Giovannino, nella nostra casa di Silvi.
Annibale Di Febo era uno degli ultimi rappresentanti dei parenti delle vecchie generazioni, a cavallo tra l'ottocento e il novecento; il suo legame affettivo con la famiglia Adamoli fu molto forte, soprattutto con mio nonno Federico e suo fratello Umberto, con i quali Annibale, soldato giovanissimo, condivise l'esperienza della prima guerra mondiale. Egli era precisamente un parente della moglie del fratello del mio bisnonno Aldobrando, il quale nel 1891 sposò Ambrosina Di Febo, vedova senza figli di Silvi: è da quegli anni che gli Adamoli nel corso di diverse generazioni si sono profondamente legati alla bella spiaggia di Silvi.
Annibale Di Febo nacque a Silvi Paese nel 1896 da Italo e Lucia, ed era il primo di sei figli, tre femmine e tre maschi. Nel 1900 il padre trasferì la famiglia alla marina, dove Annibale crebbe insieme ai fratelli, tra i quali vi era Ugo, l'Ughetto che è stata una delle figure più amate dalla comunità silvarola, insieme al fratello grande appassionato di sport, ed in particolare di ciclismo; ad Ugo (sposato con Adele), che fu direttore sportivo della società ciclistica"Castrum Silvi", allenatore della locale squadra calcistica, ma in genere l'animatore di ogni attività sportiva silvarola, è stato intitolato il campo sportivo comunale di calcio (poesia dedicata ad Ugo Di Febo).
Arruolato giovanissimo nel Regio Esercito, Annibale prese parte alla prima guerra mondiale, dove rimase ferito. Gran parte dell'esistenza lo vide emigrato in America, dove lavorò a lungo presso il Consolato Generale d'Italia. Già alla fine degli anni trenta era a Philadelphia, ma in seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale dovette rientrare in Italia, essendo stato espulso insieme a tutti gli altri impiegati (Italia e Stati Uniti non erano alleati di guerra). La permanenza nel paese d'origine si protrasse dal 1941 al 1946, anno in cui ritornò in America per riprendere la carriera diplomatica, stabilendosi a New York, dove era archivista nel consolato; questa volta non tornò solo, perché nel frattempo aveva messo su famiglia. Novello sposo a quasi 50 anni, c'erano con lui la moglie Renata, perugina più giovane di lui di 13 anni, ed in arrivo la figlia Lucia, l'adorata Lucietta, che nacque in America l'anno successivo al rientro (maggio 1947).
La permanenza a New York durò sino all'inizio degli anni sessanta, con il pensionamento di Annibale, quando la famiglia rientrò in Italia stabilendosi a Perugia, città d'origine della moglie Renata. Dal gennaio 1962 Annibale iniziò 65enne un lungo pensionamento, accompagnato dal grande rammarico di dover abbandonare la vita e la modernità della grande metropoli americana. La meta era invece l'Umbria, in una tranquilla città della provincia italiana, dove pure doveva seguire gli studi della figlia Lucia 14enne, la quale già qualche tempo prima vi era rientrata, stabilendosi nel Collegio di S. Anna. Forse Annibale, pensando alla sua Silvi, riteneva che quella di Perugia fosse una sistemazione provvisoria, avendo egli scritto in Italia che lì si sarebbe stabilito "nei primi tempi".
Annibale morì nel 1981 ad 85 anni, mentre la moglie Renata è scomparsa venticinque anni dopo nel 2006, all'età di 97 anni. A Perugia oggi vive la figlia, che ha una sua famiglia ed è un'insegnante d'inglese. Insieme a Lucia, dei discendenti di Italo Di Febo (padre di Annibale) resta solamente un altro nipote, Giorgio Visentin.
Tra le tantissime lettere di famiglia, ne esistono tre indirizzate da Annibale dagli Stati Uniti, e risalgono a due momenti importanti nella vita di Di Febo: la prima fu indirizzata nell'agosto del 1949 ad Umberto, la seconda a mio padre Giovanni, e venne scritta nell'ottobre del 1961, nell'imminenza del definitivo ritorno in Italia. Le lettere raccolgono i tipici pensieri di un emigrante italiano: la prima è dell'immediato dopoguerra, con le riflessioni, il ricordo degli anni trascorsi, il presente della vita da impiegato pensando "solo a fare il mio dovere ed a risolvere i fatti della mia famigliola", la preoccupazione per il destino del paese, e la speranza "da buon italiano di rivedere l'Italia col suo prestigio che si addice ad una nazione libera da ogni influenza straniera". La seconda lettera è scritta alla vigilia del pensionamento, ed è la risposta ad una cartolina inviatagli da Giovannino che si è appena sposato: Annibale esprime la gioia per aver ristabilito un contatto che si era interrotto da tempo; ora che - come scrive lui - "mi faccio vecchio", si abbandona ai ricordi del passato: il rimpianto, purtroppo tipico per moltissimi emigranti, che nei tanti anni trascorsi lontano dall'Italia a causa del lavoro,"non ho potuto avere la gioia, il piacere, la soddisfazione di rivedere mio padre, mia madre, e recentemente anche Arturo, mio fratello"; il ricordo del "caro compare Federico, cuore d'Oro, tutto per la sua famiglia, allora numerosa, ed io non potevo venire a Teramo senza salutarlo in quel negozio di ferramenta in corso S. Giorgio, e salutarlo significava che non sempre mi potevo liberare dal suo insistente invito a pranzo".
Mi piace pubblicare queste due lettere americane integralmente, perché si raccontano da sole.
[ Lettera 7 agosto 1949 ] - [ Lettera 8 ottobre 1961 ]
Ringrazio Lucia Di Febo di Perugia per le notizie biografiche fornitemi sul papà Annibale, per le fotografie e l'articolo di Carlo Adamoli
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