Bordo, 28 ottobre 41
Carissima Fernanda, più volte sono stato costretto a rinunziare a scriverti perché svariate attività si sono alternate con ritmo così preciso in questi giorni, si da non lasciarmi neppure dei brevi ritagli di tempo. Ho desiderato più volte scriverti - come ti ho detto - e ciò perché più sovente, in questi giorni, mi è capitato di pensare a quella strana ragazza che si riassume misteriosa per me sotto una sola parola: un nome: Fernanda.
Non ti ho pensato per cercare di perfezionare in me - o meglio di "dettagliare" alla mia fantasia - il tuo volto, i tuoi occhi, i tuoi capelli la tua espressione... sarebbe stato un vano "voler sognare ad occhi aperti", invece non ho voluto "sognare" ma ho preferito "pensare", "indagare", "dedurre". Ho lasciato al tuo volto la fisionomia anonima delle mille donne che si guardano, e non si osservano, passeggiando per una via movimentata da un traffico frettoloso ed invece ho cercato di individuarti come pensiero.
Due sono stati i punti attorno a cui ho "ronzato" con la mia mente: nel primo ho cercato definirmi il tuo aspetto spirituale o meglio la tua coscienza di donna, nel secondo invece, lungi dall'investigare, ho voluto "partecipare" silenziosamente delle impressioni e delle sensazioni che questi giorni debbono aver portato nel tuo cuore, mentre i tuoi occhi vedevano dal finestrino del treno accumularsi e distendersi un'interminabile distesa di campi, di monti, di brulle e sterpose roccie tra la tua casa ed il luogo che andavi a conoscere e ad arrivare... abitare per il tuo lavoro... abitare per dare inizio ad una nuova vita: la tua di domani e di poi...
Torniamo al primo punto; sintetizzando: il tuo comportamento è quello di una signorina serissima, incredibilmente seria, sino a far pensare, pur senza conoscerti, che tu sia in quella percentuale, che non giudico superiore al due per cento, di ragazze che nel tempo attuale hanno saputo mantenersi in quel rettilineo binario morale che contro ogni usanza giudico con "scartamento indipendente dal tempo".
Ciò non esclude un affetto... un affetto però che sappia mantenersi in parallelo a questa mora e non tenti di divergerne. Questo affetto tu forse mi concedi, pur richiamandomi severamente a rispettare quel "parallelismo" che pure è condizione saldissima "sine qua non".
La tua linea di condotta mi ha aiutato in questa indagine, dato che ti sei sempre mostrata coerente con essa e ragionando secondo essa ogni tua parola è chiara ed ogni pensiero trova conferma. Non dovrai avere quindi nessun dubbio di aver errato... ma un dubbio ce l'ho e non mi viene direttamente da te, ma dalla tua posizione. E' questo: ho sempre ritenuto - forse per averlo qualche volta sentito dire da altri - che "le Orvietine" si standardizzassero in un "tipo di "ragazza ragazzo", in altre parole, divenissero maschili a causa della vita nettamente maschile a cui venivano avviate... questa idea mi ha portato alla conclusione che il tuo atteggiamento potesse essere sintetizzato non solo dalla parola "serissimo" ma anche da un'altra "indifferente" o meglio: "insensibile"... Anche basandomi su questo secondo aggettivo "qualificativo" tutti i conti tornerebbero e tutta la tua condotta sarebbe spiegabile. Morale: sono rimasto nel dubbio... nè questo dubbio mi è stato possibile dilegualo basandomi sulla parola "ceffoni" che tu hai usato per specificarmi una "promessa". Infatti il "ceffone" è un termine che appartiene nettamente al vocabolario maschile, ma tu potresti averla usata quasi per smorzare con un certo che ci scherzo, che veniva ad essere in quel termine usandolo una donna, per velare in bel modo, senza per altro diminuirne la "nitidezza", il tuo "richiamo all'ordine" per il sottoscritto.
Cara Fernanda, ti ho parlato senza far intercorrere tra il mio pensiero e la penna nessuna censura: ritengo che una voce chiara e spontanea ti sia preferibile ad una più tornita, più dolce, ma anche più artefatta, manipolata, forse falsata. In realtà questa è la mia vera voce e se nelle mie precedenti ti può essere apparso il contrario, è stato perché ti ho un po' scritto senza prima chiedermi nulla di te... usando perciò quel modo solito con cui più si addice rivolgersi ad una ragazza x preventivamente [..] che se la x si volesse risolvere (ma la fatica in genere si ritiene inutile) si cadrebbe certamente nel campo "delle novantotto su cento" P.S. Mi accorgo di essere stato troppo spesso "matematico" nel linguaggio, ma è un po' la forza dell'abitudine.
Per il secondo punto, Fernanda, avrei da dirti tanto, ti dirò solo questo: ho rivissuto col pensiero, affianco a te, le stesse impressioni che ho provate "vivendo" per la prima volta i paragrafi della mia nuova vita... tante impressioni... spesso, spessissimo un po' tristi e molto tristi pur senza che il mio entusiasmo ne venisse a soffrire. E' il nuovo, l'incognito che fa tanto pensare... E' ciò che si lascia che rende sfumato di tristezza il pensiero... Ed ho pensato uscendo di casa... ho pensato guardando fuggire la campagna per interminabili ore dietro il treno che mi recava verso ciò che avevo tanto atteso e che ora improvvisamente diventava realtà... Ho pensato in cuccetta... sul ponte la sera... o girando solo per la città estranea, gelidamente estranea, terribilmente estranea... Ti precedo, Fernanda, di qualche mese nel cammino verso la nuova vita... Essa ha in comune per noi "la novità": tutto... e mi è perciò tanto facile comprenderti.
Molti, molti cari saluti. Piero
P.S. Il corso universitario a Ing. Nav. di Genova è stato sospeso sino alla fine della guerra, così sarà costretto a sbarcare. La licenza: a gennaio; verrò ove sei. Poi forse andrò ai sommergibili se mi permetteranno a bordo di far domanda: è un bene che vorrei non mi volessero...
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