Bordo, 18.XI.41
Cara Fernanda, credo di potermi concedere la gioia di scriverti proprio ora che ho ricevuto la tua posta. Ho sempre un gran da fare, ma l'orario posso stabilirlo da me dato che sebbene sono il più giovane degli ufficiali di bordo, da tempo si sono accorti che della libertà di azione certo non ne approfitto per far meno di quanto debbo. E' tanto che non ricevo più posta da nessuno e neppure l'attendo, perché da tanto ho abbandonata la penna per scrivere a... "estranei". ...Però all'ora in cui il postino torna a bordo col suo borsone sento di più la mancanza di quel soffio inesprimibile di familiarità, di cui sia le persone che mi circondano che la città in cui sono non potranno mai soffrire la mancanza. Penso che anche tu debba provare sensazioni analoghe e siccome sei molto sensibile, anche tu le devi provare in modo assai marcato... del resto tante cose da che si siamo "conosciuti" avvengono con sorprendente somiglianza nella tua, come nella mia vita: non trovi? Il pensiero che anche tu, donna, a volte debba sentirti tanto sola, in una città così lontana e diversa dalla tua, mi fa sorgere il desiderio di sentirti vicina a me... di unire i nostri passi nell'oscurità tristissima di una strada qualunque, di una città qualunque... ed andare avanti così, lasciando finalmente che il singhiozzo del nostro cuore possa sprigionarsi in qualche frase che avesse un suono... magari un suono atono come quello di parole scritte e lette da un altro... Andare avanti così, sentendoci vicini come ombre che non sanno riconoscerci, ma che non si sentono più sole fra la folla anonima e frettolosa che passa... che passa e non si cura di noi che andiamo senza una meta, senza uno scopo... non si cura di noi come fossimo cani, freddi nel buio e nell'umidità della notte... I portoni si aprono per altri che hanno una casa, ma dinanzi a noi essi si richiudono lenti ed indifferenti, perché noi siam "della strada"... Se fossimo vicini forse non ci diremmo nulla, ma sentiremmo di provare la stessa sensazione e stringendoci più spalla a spalla sentiremmo per lo meno che se siamo tanto tristi, tanto soli, almeno questa tristezza, questa solitudine ci accomuna... Ma che ti racconto, sorella diletta del mio pensiero?!... è un pensiero dei tanti che sorgono nella mia mente, mentre "vado"... sorgono per testimoniarmi che è "vivo"... (quale amara ironia in questa parola che potrebbe... vorrebbe essere un grido di gioia ed invece è profondamente vera, si!, ma solo perché è "vero" il dramma dell'uomo... perché esiste il mistero della mente umana che tormenta perché è inspiegabile, che è eterno perché invincibile) ...Strana realtà: queste dovrebbero essere le ore di gioia, di svago; ed invece sono ore di riposo, di svago, di gioia quelle del lavoro... forse perché allora la mente corre in campi "matematici", "tecnici"... e lì non trova più quel mistero che la ossessiona, ma "vede"... vede finalmente con chiarezza, con trasparenza, sino in fondo.
Cara Fernanda, la tua lettera mi ha fatto provare tanta gioia... sei proprio differente da come un tempo t'immaginavo e quel che più conta questa differenza ti ha avvicinato tanto al mio più vero pensiero. Sai: son le tue lettere che solo attendo con ansia dal postino, perché esse sono le sole che possono recarmi una voce straordinariamente comprensiva. Di te - ti confesso - non riuscirò mai a comprendere "la vocazione"... per la ginnastica... Che vuoi, Fernanda, mi sembra che una palestra debba essere qualcosa di troppo nudo, troppo freddo per saziare un animo sensibile ed assetato di "sentire" come io giudico il tuo... Ti vedrei più facilmente dedita a qualche espressione artistica, specialmente letteraria... è un idea: così! Non credere da ciò che io non ami lo sport: solo lo considero come un complemento piacevole ed utile... ma non più di un complemento.
Volendo ora - finalmente! - rispondere un po' a tono alla tua cara lettera, dovrei dirti... dei sommergibili. Ne conosco bene la vita perché vi sono stato più volte, e se non si può dire che sia "comoda" (che stupida parola!) è però assai appassionante, specie oggi. La domanda ora non la posso presentare perché debbono essere passati almeno sei mesi da che sono uscito dall'Accademia, sarà per febbraio... salvo che la mia smania di attività non venga ad essere soddisfatta in altro modo.
Tra un paio di mesi sarò sottotenente ed allora avrò - permettendolo le circostanze - quella licenza che mi permetterà di venirti a trovare finalmente. Fra otto mesi, per la promozione a tenente dovrei avere ancora un'altra licenza... se la mia residenza fosse più stabile e se lo desiderassi, non mi sarebbe però difficile farti trasferire. Ma se mai ne riparleremo.
Dimmi tante cose di te, della tua vita... ma non quella con le tue allieve, ma della tua più intima... quella del tuo pensiero quando sei più sola, Fernanda... Non ti saluto perché resto ancora con te, anche se devo andare altrove. Piero
|