TITTA - Oggi invece applaudono le truppe spagnuole, quando muovono contro di noi.
MONTECCHI - Ma io sono sicuro che quando se ne offrirà l'occasione, e non dovrà di molto tardare, i pretuziani ripeteranno quelle gesta che confermeranno il loro glorioso passato.
(Mentre i capi discorrono i giovani, a mano a mano, escono. Dal di fuori fanno poi giungere, con il suono dell'organetto, il loro canto in coro. I capi rimangono, raccolti, ad ascoltare. Dopo.)
MONTECCHI - Beata giovinezza! Per i giovani la vita è sempre bella. Se si potesse rimanere sempre a venti anni.
TITTA - Poiché ciò, per leggi inesorabili, non è possibile, è necessario che l'uomo si adatti alle condizioni che impose l'età.
MONTECCHI - Anche in relazione alla famiglia, già da voi costituita.
TITTA - Appunto, come vanno i tuoi amori...
MONTECCHI - Come vuoi che vadano! La fortuna non mi aiuta, né io, in tale faccenda, so aiutare la fortuna.
SANTUCCIO - E lei... la sirena, insomma, che dice?
MONTECCHI - Vive nell'inganno.
TITTA - Nell'inganno?
MONTECCHI - Ignora chi io sia, non solo, ma ha dei banditi un sacro terrore.
TITTA - E che sa di te?
MONTECCHI - Che sono stato in seminario e che sono l'erede dei beni del defunto capo Geronimo di Sant'Omero.
SANTUCCIO - Condizione certo ambigua...
MONTECCHI - Che conduce a fatti drammatici.
TITTA - Drammatici?
MONTECCHI - In una non lontana notte, nella villa di Mosciano, ella era alla finestra, io sotto, in amoroso colloquio.
SANTUCCIO - Roba da ragazzi...
MONTECCHI - E che i banditi, e banditi come noi, non possono sciogliere, in tenerezza, i loro sentimenti amorosi?
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