TITTA - E noi vi verremo, per festeggiarvi, con le nostre bande armate.
MONTECCHI - Certo, mi debbo decidere. Ma se ella, che tanta ripulsione ha per noi, non accettasse?
SANTUCCIO - La forza, come fu per Titta. Ma l'amore è un'esca potentissima e quando la donna vi cade dentro non ne esce più. Se il cuore della tua Cinzia è in pania puoi andare oltre senza timore di rifiuto.
MONTECCHI - E i parenti?
SANTUCCIO - Finiranno, nelle tante considerazioni, col cedere. A me sembra che non disdegnano a imparentarsi con i padroni di quella montagna, che costituisce un vero proprio nostro dominio.
TITTA - Regno senza corona.
SANTUCCIO - Regno di fatto, sostenuto dal diritto del più forte. E Venezia, nel chiedere le nostre bande, in tempo di pericolo ha con saggezza riconosciuto questo nostro diritto.
E le nostre bande, per il loro valore, nel combattere i suoi nemici, vi si coprirono di gloria. Come si è coperta di gloria la banda di mio fratello Giovanni, nel combattere in Dalmazia contro i turchi.
TITTA - Appunto, che ne è di Giovanni, che tanto si era infiammato della piccola Cherubini di Civitella?
SANTUCCIO - Tra poco sarà qui, in segreta missione.
MONTECCHI - Come, è tornato?
SANTUCCIO - Soltanto lui, per costituire, per Venezia, una nuova banda, essendo stata la sua, nei combattimenti in Dalmazia contro i turchi, duramente decimata.
TITTA - Allora da lui molte cose sapremo di quella terra, in cui, tra tanto sfacelo, si ha il coraggio di tenere accesa la fiamma della santa italianità.
Io amo Venezia.
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