SANTUCCIO - (mentre a mano a mano si mettono a sedere) Racconta, racconta, fratello.
GIOVANNI - Non è facile il racconto. Le idee, in tanti spettacoli, si muovono confuse nella mente. A Venezia si vive una vita tutta diversa dalla nostra. Sontuosi sono davvero i suoi palazzi che escono dalle acque; strette le strade, ampi i canali, corse dalle gondole. Ampia e meravigliosa la piazza di San Marco, con la meravigliosa cattedrale. Simpatici gli abitanti, dal morbido parlare.
SANTUCCIO - Ne sapevo già qualche cosa, dai racconti dei nostri vecchi, che vi erano stati. Vi si ricordano le gesta del nostro bisnonno Marco Sciarra?
GIOVANNI - Il suo nome è ripetuto sempre con grande rispetto. Ma io non ebbi il tempo di godere buone condizioni di vita. Perché dopo poco dall'arrivo dovetti correre in Dalmazia, con la mia banda, per portare aiuto ai veneziani in pericolosa lotta con i turchi. Durante il viaggio vidi Pola, la eroica città che conserva, con gli archi, i templi e l'ampio anfiteatro le impronte incancellabili di Roma. E vidi Zara, Sebenico, Traù, città uscite, come deità marina, dalle onde del mare. E vidi le tante isolette in fiore, carezzate dalle acque.
Non verso la morte pareva che s'andasse...
SANTUCCIO - Già verso la morte!... Sappiamo, sappiamo, fratello, la vostra bravura. Il nostro bisnonno, Marco Sciarra, può essere orgoglioso dei suoi nipoti.
GIOVANNI - E il Pretuzio dei suoi figli, il nostro sangue ha concorso a riconsacrare all'Italia i monti della Dalmazia, già cara ai romani. Ma il pericolo non è ancora scongiurato. Ed è perciò che sono tornato per l'arruolamento, anche a nome di Venezia, di nuovi pretuziani.
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