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Pioggia di bombe
[26] Teramo, dopo l'episodio del bosco Martese, si riempiva d'uffici,
di comandi, di truppe. Molto preoccupava, poichč si sapeva la
cura, con la quale gli Anglo-Americani ricercavano i Tedeschi,
per colpirli inesorabilmente, ovunque si trovassero: nelle cittą
e nei villaggi, nei palazzi e nelle Chiese, nelle caserme e nelle
officine. I pericoli, quindi, con tali arrivi, da nessuno
desiderati, giornalmente aumentavano. Ma sino a quel momento gli
apparecchi erano sģ qui giunti, ma soltanto in volo di
ricognizione. I cittadini, tornati quasi tutti dalla campagna
alle loro case, in una beata fiducia, ne ammiravano le agili
evoluzioni, senza riflettere che bastava il tocco di una leva,
lassł in alto per gettare in essi, gił nel basso, rovina e
morte.
Gli attacchi temuti, intanto, s'iniziavano, come quello compiuto
la mattina del 4 ottobre, giorno di San Francesco, contro il
treno, nei pressi di Fiumicino, producendo notevoli danni. Tra i
feriti risultava il Vescovo Monsignor Antonio Micozzi, che
rientrava in sede; tra i morti una giovanissima sposa, che io
vedevo insanguinata, reclinata su il sedile di un vagone, bella
nella sua pallidezza, nell' acconciatura del suo capo, nel suo
abito da festa, nel suo civettuolo abbigliamento. Andava forse a
lieto convito, ed incontrava morte.
Gli attacchi continuavano, nei giorni successivi, lungo le strade
e nelle campagne, contro carri, autocarri, automobili, il pił
grave dei quali risultava quello effettuato nella contrada della
stazione, mentre nel pomeriggio di sole della domenica del 16
ottobre vi ferveva un brioso passeggio. Vi si trovava gente che,
come consuetudine, dopo il lavoro settimanale, vi si era recata
per la ricreazione campestre ; altra per visitarvi amici; altra
ancora per proseguire, con i fiori, verso il Cimitero, per il
doveroso omaggio ai defunti. Ogni cosa vi si svolgeva con normale
serena sicurezza, non essendovi colą obiettivi propriamente
bellici. Le mamme sedevano in riposo, davanti alle case, mentre i
loro bimbi si rincorrevano, lietamente chiassosi, nei campi, nei
giardini, lungo le strade. Passavano le carrozze, passavano le
automobili. Ad un tratto, in quella serenitą, apparivano sopra
la Specola, come spiriti folli, velocissimi, cacciabombardieri
alleati.
[27] Dopo una rapida evoluzione su i colli, si dirigevano, a bassa
quota, oltre la vallata del Tordino, oltre Villa Mosca.
Passavano, ma tornavano subito indietro, piombando, come bolidi,
fragorosamente, su la strada, su le case, sullo scalo
ferroviario, per sganciarvi il loro micidiale carico. Compiuta,
nella fuga disordinata e nelle grida dei passanti, la loro
funesta opera, riprendevano baldanzosamente quota, giravano,
scomparivano.
Dalla mia casa, lesionata anch' essa, tra gente folle di
spavento, correvo sul vicino luogo colpito. Poche per fortuna le
bombe esplose, pochi i danni, molti i feriti. Dei cinque morti,
un bambino della famiglia Ricci, Guerino, dal viso cereo, dai
riccioli d' oro, dal piccolo ventre squarciato, molto mi colpiva,
profondamente m 'addolorava. Non I' avrei pił rivisto quel
bimbo, fresco e roseo, tra gli altri bimbi dell' Asilo Nido, che
frequentava; nč avrei pił ricevuto il suo timido grazioso
saluto, passando dinanzi alla sua casa; nč pił avrei carezzato
paternamente il suo piccolo capo!
La madre, nel suo amore, aveva cercato salvarlo stringendolo al
suo seno, coprendolo col suo corpo; ma la scheggia, che giungeva
violenta di lato, lo colpiva ugualmente.
La coraggiosa perdeva cosģ il bambino, ma perdeva anche un
braccio, con il quale lo stringeva.
In quella stessa incursione, cadeva, mentre spensierato giuocava
sulla strada, un altro bambino, Vincenzo, della famiglia Arlotta.
Vedevo, inoltre, mortalmente colpito, il diciottenne Umberto
Ulisse. Dalla casa di lą della ferrovia, dove, tra lo strazio
della madre, agonizzava, lo trasportammo, io ed altri, a braccia,
su la strada, quindi, con un'automobile, all' Ospedale.
Le amorevoli cure dei sanitari a nulla valsero. Nella notte,
senza riprendere i sensi, lasciava per sempre la famiglia, la
madre, la bella giovinezza.
[28] Infamemente barbara quella guerra aerea, che, senza limitazioni,
colpiva dall' alto e distruggeva, con i monumenti, con il ricco
patrimonio, con la storia, intere prosperose cittą; che
sconvolgeva, ricchi di prodotti, vasti fecondi campi; che
uccideva, senza un palpito di pietą, ovunque si trovassero,
bambini e donne, vecchi e malati.
I neri volatori apparivano pił feroci dei bianchi, le donne, non
pił custodi e gioia della casa, pił dei neri in questa
diabolica opera di morte.
Sinistramente terribile quella guerra; che si combatteva in nome
di una civiltą, che rappresentava, invece, nel pił torbido
egoismo, la pił crudele delle barbarie.
Appassionate considerazioni, che potevano sbocciare dai nobili
indipendenti spiriti, ma senza alcun valore dinanzi alla demenza
in atto del mondo.
La sera di quello stesso giorno ero ricercato, con ansia, dal
Comando Generale tedesco, per esaminare insieme il fatto nuovo.
Supponeva, ammaestrato dall' esperienza, che a causa di quel
comando, da ritenersi, su segnalazione delle spie, scoperto,
quegli apparecchi sarebbero tornati, per continuare anche su la
cittą i loro bombardamenti. Si poneva, quindi, urgente il
dilemma: o la cittą doveva evacuare, o quel comando, con i
servizi e le truppe, se ne sarebbe dovuto allontanare. La
decisione sbocciava con immediata prontezza dal mio spirito
agitato. Non sarebbe stata cosa facile, con la sua popolazione,
con i suoi uffici, con le sue organizzazioni, far evacuare la
cittą. Comunque, il problema, nei loro riguardi, non sarebbe
stato neppure risolto rimanendo immutato, per essi, il pericolo
delle bombe.
[29] Consigliavo, di conseguenza, come era naturale, il trasferimento
per altra sicura contrada. Fatte fallire, ad arte, le ricerche di
locali in altri comuni della provincia, nei giorni successivi, e
comando e uffici e truppe partivano per Rocca di Mezzo, provincia
dell' Aquila.
Proprio lą, quel comando, dopo non molto, era colpito da uno dei
pił violenti bombardamenti. Lo spionaggio, evidentemente,
funzionava alla perfezione.. In tal modo, con quei Tedeschi,
rimaneva vittima delle bombe, ciņ che molto addolorava, e
vittima degli infami prezzolati delatori, la solitaria cittadina
montana.
L' Ente comunale d'assistenza vi perdeva il pianoforte, di molto
valore, che i Tedeschi, nel partire, avevano portato con sč, con
promessa di restituzione. Si poteva benedire tale perdita, quando
era stata salvata la cittą.
Avevo favorito, nel medesimo tempo, l'istituzione di Ospedali
militari. Gią molti ve ne erano, ed altri se ne dovevano aprire,
per quindi far dichiarare Teramo, con tutti i benefici delle
leggi di guerra, cittą ospedaliera. Ma altri fatti facevano
sospendere, in seguito, le iniziate trattative. I Tedeschi
vedevano gią sorgere sul loro orizzonte, prima molto limpido,
nere nubi temporalesche, ed eventi da cui sarebbero stati
sospinti sempre pił verso settentrione.
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