Umberto Adamoli
Nel turbinio d'una tempesta
(dalle pagine del mio diario. 1943-1944)



Pioggia di bombe

[26] Teramo, dopo l'episodio del bosco Martese, si riempiva d'uffici, di comandi, di truppe. Molto preoccupava, poichč si sapeva la cura, con la quale gli Anglo-Americani ricercavano i Tedeschi, per colpirli inesorabilmente, ovunque si trovassero: nelle cittą e nei villaggi, nei palazzi e nelle Chiese, nelle caserme e nelle officine. I pericoli, quindi, con tali arrivi, da nessuno desiderati, giornalmente aumentavano. Ma sino a quel momento gli apparecchi erano sģ qui giunti, ma soltanto in volo di ricognizione. I cittadini, tornati quasi tutti dalla campagna alle loro case, in una beata fiducia, ne ammiravano le agili evoluzioni, senza riflettere che bastava il tocco di una leva, lassł in alto per gettare in essi, gił nel basso, rovina e morte.
Gli attacchi temuti, intanto, s'iniziavano, come quello compiuto la mattina del 4 ottobre, giorno di San Francesco, contro il treno, nei pressi di Fiumicino, producendo notevoli danni. Tra i feriti risultava il Vescovo Monsignor Antonio Micozzi, che rientrava in sede; tra i morti una giovanissima sposa, che io vedevo insanguinata, reclinata su il sedile di un vagone, bella nella sua pallidezza, nell' acconciatura del suo capo, nel suo abito da festa, nel suo civettuolo abbigliamento. Andava forse a lieto convito, ed incontrava morte.
Gli attacchi continuavano, nei giorni successivi, lungo le strade e nelle campagne, contro carri, autocarri, automobili, il pił grave dei quali risultava quello effettuato nella contrada della stazione, mentre nel pomeriggio di sole della domenica del 16 ottobre vi ferveva un brioso passeggio. Vi si trovava gente che, come consuetudine, dopo il lavoro settimanale, vi si era recata per la ricreazione campestre ; altra per visitarvi amici; altra ancora per proseguire, con i fiori, verso il Cimitero, per il doveroso omaggio ai defunti. Ogni cosa vi si svolgeva con normale serena sicurezza, non essendovi colą obiettivi propriamente bellici. Le mamme sedevano in riposo, davanti alle case, mentre i loro bimbi si rincorrevano, lietamente chiassosi, nei campi, nei giardini, lungo le strade. Passavano le carrozze, passavano le automobili. Ad un tratto, in quella serenitą, apparivano sopra la Specola, come spiriti folli, velocissimi, cacciabombardieri alleati.
[27] Dopo una rapida evoluzione su i colli, si dirigevano, a bassa quota, oltre la vallata del Tordino, oltre Villa Mosca. Passavano, ma tornavano subito indietro, piombando, come bolidi, fragorosamente, su la strada, su le case, sullo scalo ferroviario, per sganciarvi il loro micidiale carico. Compiuta, nella fuga disordinata e nelle grida dei passanti, la loro funesta opera, riprendevano baldanzosamente quota, giravano, scomparivano.
Dalla mia casa, lesionata anch' essa, tra gente folle di spavento, correvo sul vicino luogo colpito. Poche per fortuna le bombe esplose, pochi i danni, molti i feriti. Dei cinque morti, un bambino della famiglia Ricci, Guerino, dal viso cereo, dai riccioli d' oro, dal piccolo ventre squarciato, molto mi colpiva, profondamente m 'addolorava. Non I' avrei pił rivisto quel bimbo, fresco e roseo, tra gli altri bimbi dell' Asilo Nido, che frequentava; nč avrei pił ricevuto il suo timido grazioso saluto, passando dinanzi alla sua casa; nč pił avrei carezzato paternamente il suo piccolo capo!
La madre, nel suo amore, aveva cercato salvarlo stringendolo al suo seno, coprendolo col suo corpo; ma la scheggia, che giungeva violenta di lato, lo colpiva ugualmente.
La coraggiosa perdeva cosģ il bambino, ma perdeva anche un braccio, con il quale lo stringeva.
In quella stessa incursione, cadeva, mentre spensierato giuocava sulla strada, un altro bambino, Vincenzo, della famiglia Arlotta.
Vedevo, inoltre, mortalmente colpito, il diciottenne Umberto Ulisse. Dalla casa di lą della ferrovia, dove, tra lo strazio della madre, agonizzava, lo trasportammo, io ed altri, a braccia, su la strada, quindi, con un'automobile, all' Ospedale.
Le amorevoli cure dei sanitari a nulla valsero. Nella notte, senza riprendere i sensi, lasciava per sempre la famiglia, la madre, la bella giovinezza.
[28] Infamemente barbara quella guerra aerea, che, senza limitazioni, colpiva dall' alto e distruggeva, con i monumenti, con il ricco patrimonio, con la storia, intere prosperose cittą; che sconvolgeva, ricchi di prodotti, vasti fecondi campi; che uccideva, senza un palpito di pietą, ovunque si trovassero, bambini e donne, vecchi e malati.
I neri volatori apparivano pił feroci dei bianchi, le donne, non pił custodi e gioia della casa, pił dei neri in questa diabolica opera di morte.
Sinistramente terribile quella guerra; che si combatteva in nome di una civiltą, che rappresentava, invece, nel pił torbido egoismo, la pił crudele delle barbarie.
Appassionate considerazioni, che potevano sbocciare dai nobili indipendenti spiriti, ma senza alcun valore dinanzi alla demenza in atto del mondo.
La sera di quello stesso giorno ero ricercato, con ansia, dal Comando Generale tedesco, per esaminare insieme il fatto nuovo.
Supponeva, ammaestrato dall' esperienza, che a causa di quel comando, da ritenersi, su segnalazione delle spie, scoperto, quegli apparecchi sarebbero tornati, per continuare anche su la cittą i loro bombardamenti. Si poneva, quindi, urgente il dilemma: o la cittą doveva evacuare, o quel comando, con i servizi e le truppe, se ne sarebbe dovuto allontanare. La decisione sbocciava con immediata prontezza dal mio spirito agitato. Non sarebbe stata cosa facile, con la sua popolazione, con i suoi uffici, con le sue organizzazioni, far evacuare la cittą. Comunque, il problema, nei loro riguardi, non sarebbe stato neppure risolto rimanendo immutato, per essi, il pericolo delle bombe.
[29] Consigliavo, di conseguenza, come era naturale, il trasferimento per altra sicura contrada. Fatte fallire, ad arte, le ricerche di locali in altri comuni della provincia, nei giorni successivi, e comando e uffici e truppe partivano per Rocca di Mezzo, provincia dell' Aquila.
Proprio lą, quel comando, dopo non molto, era colpito da uno dei pił violenti bombardamenti. Lo spionaggio, evidentemente, funzionava alla perfezione.. In tal modo, con quei Tedeschi, rimaneva vittima delle bombe, ciņ che molto addolorava, e vittima degli infami prezzolati delatori, la solitaria cittadina montana.
L' Ente comunale d'assistenza vi perdeva il pianoforte, di molto valore, che i Tedeschi, nel partire, avevano portato con sč, con promessa di restituzione. Si poteva benedire tale perdita, quando era stata salvata la cittą.
Avevo favorito, nel medesimo tempo, l'istituzione di Ospedali militari. Gią molti ve ne erano, ed altri se ne dovevano aprire, per quindi far dichiarare Teramo, con tutti i benefici delle leggi di guerra, cittą ospedaliera. Ma altri fatti facevano sospendere, in seguito, le iniziate trattative. I Tedeschi vedevano gią sorgere sul loro orizzonte, prima molto limpido, nere nubi temporalesche, ed eventi da cui sarebbero stati sospinti sempre pił verso settentrione.

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