Umberto Adamoli
Nel turbinio d'una tempesta
(dalle pagine del mio diario. 1943-1944)

Conclusione

[95] Non ho scritto queste memorie, come agevolmente si desume dalla lettura, che su quegli avvenimenti di maggiore importanza, svoltisi nel territorio del comune o nelle sue vicinanze, che più direttamente mi riguardano, o a me noti, o da me controllati. Memorie che rappresentano, pur nella loro semplicità e brevità, uno dei momenti più complessi e tragici, forse, della storia teramana. Occorrerà tener presente, nel valutare gli eventi trattati, che bastava, allora, un atto affrettato, una reazione non ponderata, anche se generosa, per esporre la città e i cittadini, di qualsiasi età e di qualsiasi condizione, alla più sanguinosa rappresaglia, di cui i Tedeschi possedevano, per tradizione, la brutale capacità.
Pareva come se si camminasse, in quel burrascoso tempo, nelle vicinanze di una polveriera, con una fiaccola accesa Bastava una piccola scintilla per provocare lo scoppio e le più dolorose distruzioni.

Molte delle nostre belle cittadine, di là del Pescara, ove l'uragano era passato, piangevano già, vittime appunto di atti inconsulti e della feroce reazione, sulle proprie rovine, su i propri morti. Ad altre, per le stesse ragioni, era riservata la stessa sorte, di là dal Tronto.
Brevi memorie, queste, che potranno, però, essere ampliate da altre persone, con quelle altre notizie di quell'altra vita vissuta, nello stesso periodo di tempo, ed anche dopo, in altre località, in altre vicissitudini, in altri pericoli. Anzi, sarebbe ciò necessario, specialmente da parte dei partigiani, per far sapere ai non presenti, con un quadro completo degli eccezionali eventi, che il buon popolo pretuziano, pur in momenti così turbinosi, sapeva tener fede alle sue tradizioni. Da parte anche dei partigiani, di quei puri s'intende, ai quali ho voluto lasciare l'onore di scrivere, per la nostra storia, nella vivezza dei fatti e nella luce della verità, le loro memorie.

[96] Sempre geloso si è adunque dimostrato questo popolo della sua dignità, del suo onore, della sua libertà, sempre forte, in tutti i cimenti. Forte con la legione di Caio Claudio Nerone, sul Metauro, e forte con le altre legioni, oltre le Alpi e oltre il mare.
Forte nel rintuzzare, nella sventura, la violenza dei barbari invasori, è forte, nella santa riscossa, nel concorrere a liberare, la bella penisola, dalle malefiche arpie, che la infettavano. Forte nelle ultime guerre, elevando ancora alto il nome per intrepidezza e fedeltà.
Questo debbono sapere i nostri nepoti, ansiosi di frugare, forse nel passato, per conoscere l'opera resa, nei difficili eventi, da una delle più tormentate generazioni, quale è stata la nostra. Generazione che ispirandosi, appunto, al passato glorioso, guardando fiduciosa verso l'avvenire; continuava, imperterrita, nell'epica lotta iniziata, per la liberazione, dai grandi padri. Continuava, come in una festa, a riempire di sangue e di eroi, la tormentata via, in fondo alla quale splendeva altra meta, umana e bella, riperduta quando pareva già raggiunta.
Sappiano comprendere i lontani nepoti, con la storia, le nostre ansie, i nostri sforzi, le nostre sofferenze, i nostri sacrifici per procurare loro, entro le tradizionali virtù, con un nome più chiaro, condizioni migliori di vita.
Ma sappiano pure innalzare agli avi gloriosi, anche se talvolta sfortunati, il canto che li dovrà rendere venerati nella ricordanza, luminosi nel poema della patria santa.

FINE


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