Scrivo queste linee nel cortile di una fattoria, durante un alt.
Qualcuno dei miei compagni dorme. Qualcun altro scrive. Sotto un pergolato si gioca alla morra. Giunge da lontano il rombo del cannone. Io amo questa vita di movimento, ricca di umili e di grandi cose.
15 Settembre.
Tappa a San Pietro al Natisone. Primo dei sette Comuni in cui si parla il dialetto sloveno. Incomprensibile per me.
Il tenente Izzo ci ha invitati ieri sera a bere un bicchiere di congedo con lui. Egli ci accompagna sino alla linea del fuoco, poi ritornerà a Brescia, per entrare come osservatore nel corpo aviatori. Riunione fraterna, simpatica. Son con me Buscema, Morani, Tafuri, Bocconi. Stamani, sveglia alle sei. In marcia! Sole cocente. Il polverone sollevato continuamente dai camions e dalle colonne delle salmerie ci acceca.
Ecco Stupizza, l'ultimo paese italiano prima della guerra. Troviamo della birra eccellente a un prezzo discreto.
Di lì a poco giungiamo alla linea del vecchio confine. A lato della strada c'è una casa e un posto di guardia. Le insegne austriache sono scomparse.
Momento d'emozione per me che mi ricordo di essere stato nell'ottobre del 1909 sfrattato da «tutti i paesi e regni dell'Impero austriaco».
Il tenente grida:
— Viva l'Italia! —
Io che mi trovo in testa alla colonna ripeto il grido, ed ecco quattrocento voci gridare in coro:
— Viva l'Italia! —
Giungiamo dopo una marcia faticosa a Robich, primo villaggio ex austriaco. A Robich, tappa di alcune ore. Ci precipitiamo nell'unica osteria. Noto un bambino di sei o sette anni che si afferra al braccio di una pompa e ci serve di acqua. Gli domando:
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