Tra il Monte Nero, il Vrsig e lo Jaworceck
19 Settembre.
Dopo la distribuzione del caffè, adunata. Il maggiore Cassola, comandante del battaglione, ci tiene un breve discorso di saluto e di incoraggiamento. Parole affettuose e toccanti. Vicino al posto di medicazione, dal quale ci parla il maggiore, è un ferito, con una gamba spezzata da una scheggia di bomba. Faccia serena. Profilo delicato. Chiede un sorso di caffè. Una sigaretta. E lo portano via. Fuoco stracco di fucileria tra le vedette. Nuova adunata. È il capitano della compagnia, Vestrini, che viene a salutarci. Ha la testa fasciata. Stanotte, mentre in piedi da prode e valoroso dirigeva il combattimento, una pallottola nemica lo ha ferito alla faccia. Per fortuna, non è grave. Egli ci dice:
— Il comando del battaglione vi ha destinato alla mia compagnia. Da due giorni voi appartenete a un Reggimento eroico che qui, su queste rocciose cime, ha compiuto gesta memorabili. Queste terre, che erano e sono nostre, le abbiamo riconquistate. Non senza spargimento di sangue. Anche stanotte, una maledetta mina austriaca ha seppellito molti dei miei bersaglieri, ma i nemici l'hanno pagata cara. Le nostre mitragliatrici, come avete sentito, non sono state inoperose. Voi siete qui a compiere il più sacro ed il più aspro dei doveri che un cittadino ha verso la patria. Ma io conto su di voi. Siete uomini già temprati alle lotte della vita. Quando sarete amalgamati ed affiatati cogli anziani, voi sarete animati dallo stesso entusiasmo e dall'identica volontà di vincere. Voi troverete in me, non solo il superiore, ma il padre, ma il fratello. Dove potrò agevolarvi, lo farò. Fidatevi di me. Auguri! —
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