Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Anch'io sono un po' giornalista — mi dice — e faremo insieme un giornale delle trincee...

     21 Settembre.
     Sono andato a salutare gli amici dell'8a compagnia. Trovo il capitano Vestrini, ferito una seconda volta da pallottola che gli ha attraversato la guancia. Se ne va all'infermeria.
     Tornando dal Comando del battaglione, mi consegnano un giornale vecchio di quattro giorni. Posta dall'Italia, niente ancora. Pazienza. Ma un guardafili mi passa una missiva a mano. È la lettera scritta a matita di un soldato, che incontrai per la prima volta, durante la marcia verso la linea del fuoco, a Planina Za-Plecan. Volle allora che firmassi una cartolina. Si è ricordato di me. È certo Rusconi Francesco, dimorante in via Malpensata, 2, a Lecco, e ora soldato di fanteria.
     È un documento interessante, nella sua commovente semplicità, e dimostra da quali spiriti siano sorretti gli umili soldati d'Italia. Dice:
     «Caro Mussolini, sono un povero operaio soldato. Tratto dagli studi a tenera età per le gravi condizioni di famiglia, venivo posto nella grande fiumana proletaria e da essa coinvolto. Tanto fu il mio dolore a lasciare le scuole elementari; ma il pensiero di portare un non lieve contributo di sollievo alle tristi condizioni della mia famiglia, mi rendeva orgoglioso. Per gli studi, pensavo, dedicherò le ore libere: così feci.»
     Dopo aver parlato delle lotte fra neutralisti e interventisti, prosegue:
     «Poco tempo dopo, era per me l'ora di aggiungere l'opera al pensiero. Son oggi, otto mesi.» Parla del nostro incontro e continua: «Mi lasciò la sua firma, ma più ancora sento, nel mio cuore e nell'anima mia, una luce viva ed un contento che giammai scorderò e che mi accompagneranno fino al compimento del destino della Patria...»