Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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Guerra in montagna tra la neve e il fango

     14 Ottobre.
     Stamane, solito passaggio di feriti non gravi. Le vedette austriache, implacabili, non cessano un minuto solo di sparare.
     Ore quindici. L'artiglieria austriaca, dal Lipnik, io credo, comincia a bombardare la nostra posizione. Venti colpi da 280 che scoppiano in fondo valle. Quattro non scoppiano. Grida di gioia e di scherno partono dai nostri ripari.
     Cessa il 280 e comincia il cannoncino. Lo chiamiamo così, col vezzeggiativo, perché, sparando quotidianamente ci è diventato ormai familiare; mi si tratta di un cannone da montagna da 75. E credo che ce ne sia più d'uno. Quasi tutti gli shrapnels battono la zona occupata dal nostro battaglione. Ci mettiamo in quattro, testa a testa, contro un grosso tronco d'albero che ci ripara magnificamente. È con noi un alpino sorpreso dalla raffica mentre andava a prendere acqua. Scrosciano le pallette, cadono le ramaglie, turbinano le foglie. È finita. Troviamo qualche palletta, qualche scheggia ancora calda. Adesso sono i nostri cannoni che cominciano a sparare.
     Gli austriaci tacciono. Allegria, per noi. Passano tre feriti, di cui uno solo relativamente grave, perché ha una gamba spezzata. In fondo valle, il 280 ha fatto qualche vittima. Ci sono alcuni morti — fantaccini e bersaglieri — dei «posti di collegamento». Serata di calma. Qua e là si levano delle voci che cantano. Ma non sono canzoni del repertorio patriottico. Sono del repertorio soldatesco e popolare. Bisogna distinguere. Salvo una che ha un ritornello che dice:

     Trento e Trieste
     Ti renderò


     le altre canzoni sono ben lontane dagli avvenimenti attuali. L'immortale Violetta tiene ancora il primo posto.