— Tenente, sono gelato. Non mi «fido» più. —
È un meridionale. Ma anche il tenente, che è di Bari, deve trovarsi in critiche condizioni. Poco dopo, infatti, chiama me e Simoni e ci manda insieme dal capitano per chiedere il cambio della guardia. Sono le quattro. La nostra guardia dovrebbe durare ancora quattordici ore.
Trovo il capitano nel suo riparo. Egli, insonne, veglia. Fuma. Si trovano in sua compagnia i sottotenenti Raggi e Daidone.
— Ebbene?
— Signor capitano, il tenente Fanelli mi manda a dirle che i bersaglieri di guardia non resistono più. Dopo sei ore di pioggia, quattro ore di neve... —
Il capitano mi fa qualche altra domanda e poi, volgendosi al sottotenente Raggi, gli dice:
— Lei va a dare il cambio con una squadra del terzo plotone.
— Benissimo, capitano. Le chiedo, però, un favore: mi dia una sigaretta... —
Sono tornato al mio riparo. L'ho trovato ancora in piedi, mentre moltissimi altri erano franati. È, finalmente, l'alba. È stata la notte più dura dei miei due mesi di trincea.
5 Novembre.
A giorno fatto:
— Primo plotone, zaino in spalla... —
Scendiamo — per asciugarci un poco — alla posizione che occupavamo prima. Il nostro passaggio viene subito notato dalle vedette austriache. Ta-pum. Ta-pum. Ta-pum. Sette feriti cadono un dopo l'altro. Di gravi non ce n'è che due. Giunti al luogo indicato, accendiamo dei grandi fuochi. Anche il sole viene a salutarci. Il sereno nel cielo riconduce la gioia fra noi. Il fuoco non asciuga soltanto i nostri indumenti infangati, ci rallegra. Pietroantonio, un abruzzese, tornato volontariamente dall'America, insieme ad altri 2000 per servire la Patria, ci racconta episodi interessanti sulla vita delle nostre colonie d'oltre Oceano. Immenso l'entusiasmo col quale fu accolta la nostra dichiarazione di guerra all'Austria. Moltitudini di uomini assediavano i Consolati per la visita militare e il rimpatrio.
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