Sabato 26 Febbraio.
Nottata di guardia. Tormenta di neve sino a mezzanotte. Il capitano ha vegliato tutta la notte insieme con noi. Ha declamato un brano del Nerone di Cossa. Per ingannare il tempo, abbiamo canticchiato. A mezzanotte, Reali, chef de cuisine della squadra, ci ha preparato una specie di punch che bruciava gli intestini; poi ci ha intrattenuti su gli usi e costumi nord-americani. Le notizie da Verdun hanno suscitato grande interesse fra noi. Verso le quattro, si è udito gridare alla nostra sinistra:
— All'armi! All'armi! —
Siamo usciti immediatamente dalle nostre buche — quattro in tutta la trincea — e ci siamo messi in linea. Tutto ciò è avvenuto con la rapidità del baleno.
In questo momento il nevischio ci frusta violentemente la faccia. Ecco le bombe. Il sacco era in consegna alla nostra squadra.
— Fuoco! —
Ho sparato tre caricatori. Poi mi sono scaldato le mani alla canna tepida del fucile. Gli austriaci non hanno sparato nemmeno un colpo.
All'alba ho visto un fenomeno strano, dovuto certamente all'azione dell'elettricità. La punta delle nostre baionette brillava come se fosse uscita dal fuoco. Anche il capitano ha osservato il fenomeno. Stamani, sole. Il bianco della neve abbacina. Solito bombardamento degli austriaci, contro le nostre irreperibili batterie della stretta di Saga.
27 Febbraio.
Breve sole. Adesso nevica ininterrottamente da quindici ore. Di guardia alla trincea. Se continua a nevicare, la nostra situazione può diventare difficile. Oggi, per la prima volta, siamo rimasti senza pane.
|