Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


Pagina 75 di 147       

%



     29 Marzo.
     Stamani, ricognizione volontaria. Sono disceso nella valle, sino alla confluenza del Bordaglia col Volaja. Laggiù una squadra di alpini sciatori si esercitava. Pomeriggio insignificante. La prima squadra è di guardia all'accantonamento. Sono capoposto. Notte tranquilla.

     30 Marzo.
     Nevica da sedici ore. Tutto è bianco. La mulattiera è sommersa. Pomeriggio: nevica sempre. La posta non è giunta. Ore lunghe. Nella baracca, al primo, al secondo, al terzo piano — totale altezza quattro metri o giù di lì — si gioca a carte, si fuma, si canta. Io, col ventre a terra, scrivo queste note. Tipi di soldati: Meiosi Piacentino, lucchese, tornato dall'America. Classe 1893. È il vero tipo del toscano medio: asciutto, intelligente e provvisto di una buona lingua snodata.
     — Sono tornato in Italia per l'onore — egli mi dice, iniziando la nostra conversazione. — Cinque anni or sono andai in America e quando fu chiamata la mia classe, non essendomi presentato, fui dichiarato disertore. In America, a Richmond, capitale dello Stato di Virginia, avevo un piccolo commercio di confettiere. Gli affari non andavano male. Scoppiò la guerra europea. Quando l'Italia entrò in campo, sentii che non potevo più oltre restare lontano dalla mia patria e sono tornato. Potevo entrare nella Sanità, ma ho preferito un'arma combattente e sono qui a fare il mio dovere. —
     È un fatto, che i soldati tornati dall'America costituiscono la parte migliore delle truppe al fronte.
     Domattina, sveglia alle quattro. Dopo gli attacchi al Pai Piccolo, bisogna vigilare. Tale è l'ordine telefonico del capitano.