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Il «morale» dei soldati che hanno battuto le vie del mondo, è più alto di quello dei soldati che non mossero mai piede oltre la cerchia del borgo natio; le sfumature sono infinite, come innumerevoli sono i tipi umani. Rivendico il diritto di trattare la questione, perché ho «studiato» coloro che mi circondano, che dividono meco il pane, il ricovero, i disagi, i pericoli; ho «sorpreso» i loro discorsi, fissati i loro atteggiamenti spirituali e nelle più svariate contingenze di tempo e di luogo che la guerra impone al soldato: in prima linea e in seconda linea; in trincea e in riposo; durante il fuoco, prima e dopo il fuoco; nel treno attrezzato; all'ospedale, nelle tradotte; al deposito di rifornimento, durante le marce di giorno e di notte; sotto la pioggia, sotto la neve, sotto la mitraglia... E la mia conclusione è questa: il «morale» dei soldati italiani è buono: i soldati italiani sono disciplinati, coraggiosi, volonterosi. Sapendoli prendere per il loro verso, considerandoli capaci di ragionamenti e non semplici numeri di matricola, si può ottenere dai soldati italiani tutto ciò che si vuole; dal lavoro oscuro della corvée all'assalto irruente e micidiale della baionetta. |